Una visita a:
Algeria, escursione nel deserto della Tadrart
Dopo aver attraversato con il nostro camper tutta l’Algeria, siamo arrivati a Djanet con qualche piccola difficoltà dovuta alle pessime condizione delle pavimentazioni stradali. Non posiamo proseguire oltre, la strada pseudo asfaltata, finisce qui. Da Djanet non escono altre strade, soltanto piste per La Libia , Niger, Mali e Tamanrasset.
L'attraversamento del Sahara
Ci parcheggiamo nel camping “Zeriba”, classico campo base per tutte l’esplorazioni per i vari “hoggar”. Dobbiamo contattare un’agenzia del posto per farci organizzare una escursione nel deserto con fuoristrada e tenda.
Abbiamo conosciuto Mr. Djaba titolare della Takassit Voyages che con la sua organizzazione ci permetterà di realizzare il desiderio di vivere il deserto … quello vero. Djaba è un tuareg, alto, scuro di carnagione e di gradevole aspetto, parla molto bene italiano e durante l’anno, vive per molti mesi in Italia.
1° giorno di escursione
Al mattino di buon ora, con l’autista e guida Ahmed ed il cuoco Aziz, dopo aver caricato il nostro equipaggiamento compresa la tenda. Salutiamo Astroronak, il nostro camper che si riposerà durante la nostra assenza e lasciamo il camping. Al primo distributore riempiamo i serbatoi di carburante, la riserva d’acqua e le bombole del gas. Per una settimana non troveremo né villaggi né tantomeno luoghi per il rifornimento.
Con i nostri compagni di viaggio
Con i nostri compagni di viaggio
Lasciamo Djanet in direzione dell’aeroporto. Una strada terribile, la macchina sobbalza per le grandi buche sull’asfalto, entriamo sulla morbida sabbia ed inizia il “galleggiamento” si va a gran velocità sopra una superficie soffice. I due accompagnatori parlottano tra di loro ed ascoltano una musica maliana molto ritmata.
Stiamo percorrendo il letto di un antico “ouadi”, un mare di sabbia dorata, alla nostra sinistra cumoli di sassi neri, sembrano di granito che pian piano formano delle colline, un vero contrasto con l’oro del deserto. Incontriamo le prime “gravure” incisioni rupestri di oltre cinquemila anni, in questa breve sosta mentre noi facciamo le foto, Ahmed ne approfitta per tagliare un po’ di legna da un albero secco.
Le prime incisioni
La riserva di legna
Le prime incisioni
La riserva di legna
Transitiamo dentro il letto del fiume in secca, in questo tratto è più largo di cinquecento metri. Circa alle ore dodici facciamo il primo campo per il pranzo, un vecchio albero di acacia ormai secco, ci offre un poco della sua ombra, il luogo si chiama Imaharhaten. Siamo al centro di una conca, come cornice una collina nera bruciata dal sole, una separazione netta con il biondo colore della sabbia.
Con sorpresa, notiamo che Aziz prepara il pranzo con prodotti italiani, dal parmigiano reggiano, all’olio extravergine di oliva e, addirittura l’aceto balsamico di Modena; tutte delizie che Djaba porta con se dall’Italia.
I prodotti italiani
I prodotti italiani
Nelle ore calde rimaniamo a riposare, come dice Vittorio “qui siamo sull’incudine del sole”. Ahmed, come tutti i tuareg, bravissimo a fare il tè che qui ha un rituale del tutto particolare. Tra un tè e l’altro, riesco a fare un “pisolino”, c’è la pace assoluta, si sente solo il vento che fischia leggermente tra le spine dell’acacia e, il cinguettio di alcuni uccellini neri dalla coda bianca, che si avvicinano per beccare qualche piccolo avanzo di cibo. Qui li chiamano “mola mola”.
Il rito del tè
Il rito del tè
Nel primo pomeriggio si riparte, noto con piacere che “i ragazzi” raccolgono caricandole in macchina, scatolette e quant’altro per non lasciare materiale di scarto nel terreno. Spargendo soltanto i resti delle verdure dicendo “pour animaux”.
La pista è arrivata ad un bivio, una prende la direzione per la Libia e l’altra per la Tadrart , la nostra meta. Lungo il percorso incrociamo un altro fuoristrada, ci fermiamo, gli autisti si salutano calorosamente; sono loro amici, che pur abitando nella stessa città, probabilmente si vedono soltanto sui circuiti dell’hoggar. Trasportano turisti francesi che non ci degnano di uno sguardo, non fa nulla … i migliori siamo noi.
Incontro tra guide
Incontro tra guide
Arriviamo “all’ingresso” vero e proprio della Tadrart, dune dorate scendono dai monti di basalto erosi dal vento creando una sabbia bruna. Le due sabbie si mischiano leggermente, poi il biondo riprende il sopravvento. Ogni tanto scendiamo dalla macchina, lasciare le prime orme sulle dune è divertente.
Transitano nel senso inverso altri “quatre-quatre”, così Aziz chiama i fuori strada. Ci fermiamo per scambiare saluti ed informazioni, nel frattempo ne approfittiamo per scattare qualche foto. Mentre i turisti, anche questi francesi, non ci fanno neanche un cenno.
Alle diciassette, facciamo campo in un posto bellissimo, si chiama “Ouan Tabarakat”. Montiamo la tenda sopra una duna circondata da un “plateau” e da colline nere di basalto. I nostri compagni di viaggio preparano la cena, questa sera minestrone ed agnello, si sente già un buon profumo. Djaba ci ha anche fornito di un tavolo con le sedie, debbo dire che è molto comodo sia per mangiare ma, soprattutto per lo scrivere; ne approfitto in ogni pausa. Oggi in tutto abbiamo percorso circa cent’ottanta chilometri.
La nostra casetta tra le dune
Verso le diciannove si alza un vento freddo, c’è abbastanza luce e me ne avvalgo per scrivere un po’, mentre Vittorio "traffica" con le macchine fotografiche per proteggerle dalla sabbia.
Aggiorno il mio diario
La nostra casetta tra le dune
Verso le diciannove si alza un vento freddo, c’è abbastanza luce e me ne avvalgo per scrivere un po’, mentre Vittorio "traffica" con le macchine fotografiche per proteggerle dalla sabbia.
Aggiorno il mio diario
Dopo cena Ahmed ci affascina con la preparazione del tè, un vero e proprio rito. Il cielo è stracarico di stelle, ne vediamo una cadente che dopo una lunga scia termina con un’esplosione pirotecnica. Ahmed dice che sono “les étoile filantes”, poi ci spiega le costellazioni; con i ragazzi stiamo rispolverando il nostro francese e ci intendiamo benissimo. Questo modo di viaggiare ci piace molto, tra di noi non ci sono differenze, siamo come quattro amici che hanno intrapreso lo stesso cammino; credo che anche loro hanno questa sensazione, perché iniziano a parlare della loro vita privata e della loro famiglia. Sono quasi le ventidue, la stanchezza inizia a farsi sentire, buonanotte.
Il passaggio delle stelle, fermato sulla pellicola
Il passaggio delle stelle, fermato sulla pellicola
2° giorno di escursione
La notte è trascorsa tranquilla, giusto a metà nottata sono uscita dalla tenda per ammirare il firmamento, il cielo era bianco latte per la gran quantità di stelle, uno spettacolo insolito per chi come noi vive in città, nel silenzio più assoluto.
Alle ore nove, dopo aver fatto colazione siamo pronti a partire, qui vicino ci sono da ammirare alcune grotte con le pitture rupestri sulle pareti.
Le grotte piene di pitture
Un graffito ci colpisce in particolar modo, è una giraffa inginocchiata; abbiamo visto tanti animali raffigurati ma mai in questa posizione. Ci sono moltissime conformazioni rocciose di basalto, di ogni altezza e grandezza. Prima di ripartire, tagliamo un po’ di legna da un vecchio albero di acacia essiccato, ci verrà utile per questa sera.
Una pittura raffinata
Le grotte piene di pitture
Un graffito ci colpisce in particolar modo, è una giraffa inginocchiata; abbiamo visto tanti animali raffigurati ma mai in questa posizione. Ci sono moltissime conformazioni rocciose di basalto, di ogni altezza e grandezza. Prima di ripartire, tagliamo un po’ di legna da un vecchio albero di acacia essiccato, ci verrà utile per questa sera.
Una pittura raffinata
Poco più avanti visitiamo uno stretto e lungo canyon, siamo nell’Akakus di Djanet. Sulle pareti rocciose vediamo diverse “gravure” di giraffe, sembra strano che in questi luoghi qualche migliaio di anni fa al posto della sabbia c’era una verde savana. Poco distante fotografiamo uno strano fiore secco, è chiuso su se stesso, Aziz dice che si chiama “la rosa di Gerico di Maria”.
Risaliamo in macchina, non mi stancherò di dirlo, i ragazzi che ci accompagnano sono simpatici, per tutto il tragitto non perdono mai l’occasione di ballare al ritmo della musica nell’autoradio. Ci troviamo in un’ampia superficie con moltissime dune, rocce multiformi, incisioni rupestri ed alcune piante resistenti all’aridità.
All’orizzonte, davanti a noi vediamo l’altissima sagoma di In Jarren, una rupe a strapiombo, è la che siamo diretti, la sua ombra ci offrirà il riparo per il pranzo. Mi piace fare campo nel deserto, lontano dal caos cittadino, con le nostre comodità godiamo in pieno dei colori, le forme bizzarre dei massi e dai profumi delle piante spontanee.
Il costone ci protegge con la sua ombra
Il costone ci protegge con la sua ombra
Anche qui ci sono delle giraffe incise, a differenza delle altre, qui troviamo anche la figura di un uomo che le accompagna. Provo a scrivere tutto questo, in attesa che Aziz prepara le sue prelibatezze. Ogni volta che inizio a scrivere, mi piace guardare il foglio bianco del “quadernone”, pensare che a breve sarà pieno dei miei appunti e “scarabocchi, è bellissimo.
Le grandi incisioni
Le grandi incisioni
La valle dove sostiamo è chiusa da alti versanti uniti da morbide dune, un leggero e piacevole vento si incanala e mi massaggia il viso, è una sensazione piacevole. Aziz ha terminato il suo capolavoro, un’ottima insalata di riso; all’inizio sembrava abbondante ma poi, l’abbiamo terminata. Sotto questo costone e all’ombra, ci spetta un meritato relax.
Oltre che buona, anche ben presentata
Oltre che buona, anche ben presentata
Dopo la siesta ci spostiamo di qualche chilometro nella bellissima zona con basse formazioni rocciose di Moul Naga. Siamo qui per fotografare la pittura di una mandria di mucche, un lavoro raffinato nel suo genere.
Colori che resistono da migliaia di anni
Ci spostiamo poi in una grande spianata sabbiosa dove si erge un enorme blocco di granito, sembra una cattedrale, con volte e fessure che sembrano finestre, Ahmed ci conferma che i tuareg la chiamano appunto “la cattedrale”. Ci facciamo fare una foto da Aziz. Quest’area è disabitata da alcuni decenni, gli ultimi pozzi d’acqua si sono prosciugati e anche gli ultimi nomadi di nazionalità libica che la frequentavano, se ne sono andati.
La cattedrale
Colori che resistono da migliaia di anni
Ci spostiamo poi in una grande spianata sabbiosa dove si erge un enorme blocco di granito, sembra una cattedrale, con volte e fessure che sembrano finestre, Ahmed ci conferma che i tuareg la chiamano appunto “la cattedrale”. Ci facciamo fare una foto da Aziz. Quest’area è disabitata da alcuni decenni, gli ultimi pozzi d’acqua si sono prosciugati e anche gli ultimi nomadi di nazionalità libica che la frequentavano, se ne sono andati.
La cattedrale
Ahmed è bravo alla guida, ha abbassato la pressione delle gomme per poter “mordere” meglio la sabbia, sembra di veleggiare. A velocità sostenuta arriviamo in una ancor più ampia vallata, questa Tadrart non smette mai di stupirci. Grandi ed inamovibili dune si susseguono ad altopiani ed a monoliti che come fusi escono dalla sabbia, forme bizzarre, con la fantasia si possono immaginare figure di animali o di persone.
Come è piccola la macchina, al centro delle grandi dune
Poco più avanti ci accoglie una valle rotonda con la sabbia color ocra, al centro un altissimo blocco di pietra, è facile interpretare la sua figura: un mezzo busto di dromedario, a guardia della sua valle. È qui davanti che faremo campo per la notte.
La roccia a forma di dromedario
Poco più avanti ci accoglie una valle rotonda con la sabbia color ocra, al centro un altissimo blocco di pietra, è facile interpretare la sua figura: un mezzo busto di dromedario, a guardia della sua valle. È qui davanti che faremo campo per la notte.
La roccia a forma di dromedario
I raggi del sole al tramonto arrossisce ancor di più i caldi colori della sabbia, una leggera brezza di ponente sta rinfrescando l’aria, ma ci crea un piccolo fastidio nel montare la tenda, ben presto superato. Ognuno di noi è affaccendato con i propri impegni, mentre io scrivo Vittorio controlla le fotocamere, Aziz prepara gli ingredienti per la cena ed Ahmed, ha appena acceso un bel fuoco. Ci fa compagnia, lo scoppiettio di moltissime faville che si sollevano dai carboni trasportate dal vento.
Il fuoco serale
Il fuoco serale
Aziz, a sorpresa, a preparato delle penne al pomodoro, cottura al dente e con l’aggiunta di una abbondante grattugiata di parmigiano, squisite. Nei nostri viaggi l’ultimo dei nostri pensieri è mangiare all’italiana, ma quando non te lo aspetti lo apprezzi moltissimo.
La giornata è finita, ci sdraiamo con il naso all’insù a guardare le stelle, questa sera c’è un po’ di foschia, ma la via lattea è inconfondibile.
3° giorno di escursione
Ci svegliamo presto, il cielo è bellissimo. L’alba, da un aspetto roseo alle colline circostanti.
La nostra tenda, compagna di tante escursioni
La nostra tenda, compagna di tante escursioni
Questa notte vicino la nostra tenda ci deve essere stato un gran movimento, si vedono diverse orme di piccoli animali, piccoli roditori e sicuramente anche conigli selvatici. Vittorio sale sulla duna più alta per fare qualche panoramica, io scrivo il mio diario per non dimenticare. Guardo la valle, il paesaggio è completamente cambiato rispetto a ieri, il colore acceso della sabbia ha lasciato il posto ad un rosa tenue che rende le dune quasi impalpabili. È stupefacente come il silicio del deserto possa cambiar colore con l’inclinazione del sole.
Il campo prima del tramonto
Il campo prima del tramonto
Un’altra giornata di escursioni è iniziata, dobbiamo percorrere un bel tratto di pista per visitare una zona rocciosa con molte grotte ed archi naturali. Nel frattempo si alternano soffici dune e varie conformazioni rocciose dalle forme più strane.
Un susseguirsi di grandi archi
Un susseguirsi di grandi archi
Lungo il tracciato ci fermiamo varie volte per fotografare dei monoliti che sembrano sorgere dal niente. Sopra alcuni sassi si vedono correre alcune grosse lucertole, sembrano dei sauri in miniatura dai colori vivaci; al posto della pelle liscia hanno grosse squame e la coda seghettata. Vittorio ne prende una, è scalpitante, giusto il tempo per un paio di foto e torna a correre libera.
Siamo arrivati ad In Tehar, il primo arco naturale che incontriamo, ha la forma della cartina dell’Africa, è strano come la corrosione possa creare simili “sculture. Ci facciamo una foto con l’autoscatto. Più avanti archi e grotte, antichissime dimore degli uomini delle caverne, lo dimostrano le pitture rupestri ed alcune punte di freccia in selce che spuntano dalla sabbia.
L'arco con il profilo dell'Africa
L'arco con il profilo dell'Africa
La sosta è prevista a Buehdien, sotto una roccia alta e levigata. Il caldo si fa sentire e dopo aver mangiato, un meritato riposo. Riposo che è stato disturbato dalle mosche, oggi sono state fastidiosissime, forse a causa del gran caldo che oggi si fa sentire più del solito. Davanti a noi diversi uccellini saltellano e banchettano con gli avanzi del cibo. Ce ne sono di due tipi, alcuni grigi e piccoli, gli altri tutti neri dalla coda bianca, più grandi e prepotenti.
Smontiamo il campo, ci lasciamo alle spalle la zona rocciosa ed inizia un sali scendi di dune. Il tratto è molto divertente, sembrano divertirsi anche un piccolo gruppo di giovani dromedari che ci guardano incuriositi.
A metà pomeriggio siamo in vista di Tin Merzuga, un’area particolare di altissime dune color rosso ruggine, da cui vengono fuori pinnacoli di roccia bruna. È li che ci accamperemo per la notte. Ahmed è bravissimo nella guida, con il suo toyota riesce a svalicare molte di queste creste sabbiose, per posizionarci nel migliore punto strategico per la notte.
La sabbia rossa di Tin Marzuga
La sabbia rossa di Tin Marzuga
Appena fermato la macchina, saliamo a piedi più in alto per cercare la posizione migliore per riprendere la valle sottostante con le sue morbide forme ed i suoi monoliti. Il sole ha la giusta luce per le foto, le ombre esaltano le soffici curve dei crinali. Fotografiamo anche le nostre di ombre, che si allungano nella morbida discesa.
Il paese delle ombre lunghe
Il paese delle ombre lunghe
Poco prima del tramonto troviamo il luogo adatto per montare la tenda, siamo leggermente più alti del campo, da qui possiamo ammirare a destra, le punte della catena modellate dal vento e, sulla sinistra, l’enorme valle con i suoi plateau. Ci sono evidenti tracce di gazzella, le sue orme nitide, ci dicono che è appena transitata.
Oggi è stata una giornata molto calda e con mosche fastidiose, ma le meraviglie delle cose da vedere sono state tante, un continuo crescendo. Sempre più stupiti per le bellezze e la varietà, che quotidianamente ti offre questa Tadrart.
Soffici dune e ruvide rocce
Soffici dune e ruvide rocce
Ahmed prepara il suo buon tè, con il rito tuareg. Nei giorni precedenti ce ne ha spiegato il significato, l’infuso si prepara con due teiere soprapposte, quella sottostante c’è soltanto acqua e quella sopra l’infuso di foglie di tè e zucchero. Il primo “giro” di tè, è forte, si dice che è per gli uomini; il secondo “giro” meno forte, è per le donne ed infine con un’aggiunta di camomilla, il terzo “giro” è per i bambini.
Oggi sono molto stanca, mangio appena un boccone, saluto tutti e mi ritiro in tenda, una leggera brezza ne scuote i teli. Sotto il materassino si sente il calore della sabbia, Ahmed ed Aziz intonano delle canzoni tuareg per farsi compagnia, mentre Vittorio ascolta sulla nostra radio ad onde corte un programma in lingua italiana. Ancora tante vittime a Bagdad, non la finiranno mai.
4° giorno di escursione
Qui, a Tin Marzuga, abbiamo abbattuto tutti i record. Alle ore otto, il campo è già smontato, è appena terminata la colazione, ma prima di riprendere il cammino, saliamo in cima alle dune sul lato opposto del campo, da quassù il colpo d’occhio è straordinario. Tutta la valle è in piena luce, alcuni blocchi granitici s’innalzano dal rosso della sabbia, scattiamo molte foto e riscendiamo in fretta. È tempo di ripartire.
Aspettando la colazione
Il percorso torna a farsi misto, la sabbia si alterna a rocce multiformi, una roccia lavorata dal vento e dalla sabbia rassomiglia ad un enorme porcospino dalle zampe esili. In seguito un susseguirsi di grandi arcate e grotte, con la volta affrescata da chissà quali primitivi artisti. Un graffito mi colpisce in particolare, è la rappresentazione di una donna che salta con la corda, un gioco che facevamo noi da ragazze e … le ragazze di qualche migliaia d’anni fa. Purtroppo il disegno è troppo all’interno, e la luce è poca per fotografare.
Il porcospino di pietra
Aspettando la colazione
Il percorso torna a farsi misto, la sabbia si alterna a rocce multiformi, una roccia lavorata dal vento e dalla sabbia rassomiglia ad un enorme porcospino dalle zampe esili. In seguito un susseguirsi di grandi arcate e grotte, con la volta affrescata da chissà quali primitivi artisti. Un graffito mi colpisce in particolare, è la rappresentazione di una donna che salta con la corda, un gioco che facevamo noi da ragazze e … le ragazze di qualche migliaia d’anni fa. Purtroppo il disegno è troppo all’interno, e la luce è poca per fotografare.
Il porcospino di pietra
Torniamo a viaggiare sulla soffice sabbia, Ahmed si diverte molto alla guida, è come andare sull’aliscafo. A pensarci bene, la notte scorsa prima di addormentarmi per un attimo ho avuto la sensazione del mal di mare; l’effetto del galleggiamento sulle dune.
Ci fermiamo davanti ad una parete rocciosa verticale e levigata, c’è inciso un bassorilievo di una mucca, un intaglio preciso ma per poterla vedere bene bisogna attendere un poco, il fronte è in piena ombra. Nell’attesa del sole, decidiamo di fermarci per il pasto, tutto sommato un po’ più di riposo non ci può far male.
Ci sistemiamo a ridosso di un costone ombroso, una grossa lucertola dalla livrea azzurra ci guarda a distanza, poi rapidamente si allontana. Vittorio instancabile, va in esplorazione, io cerco di aggiornare il mio diario. Le cose viste sono state tante, a volte ho timore di dimenticare qualcosa, è vero che riportiamo molte foto ma, i particolari preferisco fissarli nei miei quaderni.
Quasi a grandezza naturale
Quasi a grandezza naturale
Oggi non ho molta fame ma solo sete, dico ad Aziz di non preparare per me, lui risponde che lo deve fare per la sua professionalità. Mangio poco ma gradisco il buon tè di Ahmed, il nostro francese migliora con il passare dei giorni, è piacevole conversare come “vecchi amici”; che bella questa atmosfera che si è creata tra noi.
Adesso la parete da fotografare è in piena luce ed evidenzia l’ottima incisione della mucca. Lasciamo il sito e continuiamo il nostro giro, questa volta i graffiti cambiano le raffigurazioni. Non vediamo più mucche o giraffe, ma grandi elefanti e addirittura pesci, certo accostare i pesci al deserto è strano, ma chissà diecimila anni fa in questi uadi quanta acqua scorreva.
Il grande pachiderma
Il grande pachiderma
Passiamo vicino ad un altro accampamento, ci sono due fuoristrada con le guide tuareg. I “nostri” si fermano per salutari con grandi abbracci e pacche sulle spalle, si incontrano più sulle piste che a Djanet. Stanno aspettando i turisti che con un’altra guida sono andati a vedere le giraffe, i graffiti che ieri avevamo visto anche noi. Ogni incontro è buono per scambiare quattro chiacchiere ed offrire del tè. Nei nostri tanti viaggi, dall’Africa al medio-oriente, zone di gran consumo di tè, spesso ci viene offerto questa bevanda, ma mai buono come lo fanno nel Sahara.
Ogni occasione è buona per un tè
Ogni occasione è buona per un tè
Noto che la sistemazione di questo campo è meno curata della nostra organizzazione, i loro materassini sono più bassi e consumati. Djaba è molto più attento, vivendo per sei mesi in Italia e conoscendo le esigenze degli italiani, offre loro il meglio.
Dopo il rito dei tre tè, e dei saluti, lasciamo la Tradart percorrendo l’uadi in senso inverso in direzione Djanet. Da lontano notiamo la grande duna dove abbiamo pernottato la prima notte. Ci lasciamo alle spalle il bellissimo panorama dei plateau e delle dune multicolori. Il paesaggio diventa piatto e nero, il tracciato pieno di grandi sassi. Ahmed è sempre bravo alla guida e non fa fare grossi scossoni alla vettura. Entriamo nell’uadi nei pressi di In D’jarrein, costeggiamo una lunghissima duna color senape, non è molto alta. È qui che trascorreremo la notte.
Un panorama emozionante
Nei paraggi c'è la monotonia di un deserto piatto senza asperità, l'unico rilievo è la concentrazione sabbiosa alle nostre spalle. Vittorio prova ad andare oltre, in "avanscoperta" poi torna e dice che non c'è niente da scoprire. Aziz mi viene vicino e dice: vanno bene gli spaghetti per cena? La risposta è inutile e, dico di si con un sorriso.
Un panorama emozionante
Nei paraggi c'è la monotonia di un deserto piatto senza asperità, l'unico rilievo è la concentrazione sabbiosa alle nostre spalle. Vittorio prova ad andare oltre, in "avanscoperta" poi torna e dice che non c'è niente da scoprire. Aziz mi viene vicino e dice: vanno bene gli spaghetti per cena? La risposta è inutile e, dico di si con un sorriso.
Ahmed prepara il rito del tè, inizia col fare una buca rotonda dove accenderà il fuoco ed alloggerà la brace, nel frattempo ha iniziato un canto con la voce modulata, ascoltarlo è piacevole, il crepuscolo ed il fuoco ne amplificano l’effetto.
La preparazione della cena
La preparazione della cena
Il buio è calato velocemente, i ragazzi con questa poca luce si muovono come i gatti, ceniamo alla luce fioca di una lampada a gas dalla “calzetta” rovinata. Con l’oscurità è arrivato anche un po’ di freddo, non me la sento di aspettare il tè; saluto tutti e mi ritiro in tenda.
5° giorno di escursione
Questa mattina, alle otto del mattino è già caldo, in questo periodo l’escursione termica si fa sentire. La tenda è ben isolata per la temperatura, ma non per il terreno, nonostante i materassini la sabbia è dura; scherzando ci diciamo: “lo vuoi il deserto? Eccolo!”. Dormire tra le dune e sotto le stelle, è un’esperienza unica ed emozionante. Per noi, questo è il terzo anno consecutivo che facciamo escursioni nel deserto algerino, naturalmente in tre aree diverse. Non sappiamo dire quali delle tre ci ha più colpito, sia questo che stiamo attraversando, o il tassili N’Ajjer con l’Assekrem o la valle del Tagrera, tutte, hanno delle particolarità uniche ed entusiasmanti.
La sabbia lascia il posto ad una superficie di pietra grezza, la pista si fa acciottolata e dura, dovremo fare diversi chilometri di questo tracciato, bisogna riportare la pressione dei pneumatici alla giusta pressione, la nostra guida ed autista è molto scrupoloso con la sua vettura, ed è anche un buon meccanico.
Ahmed cattura per noi una lucertola coriacea, a me piace chiamarla iguana, dicono che dal colore si vede che è un esemplare giovane. Per il fatto che non è viscida riesco anche a toccarla, Vittorio la prende in mano e l’accarezza mentre io scatto alcune foto. Quando delicatamente la appoggia in terra per lasciarla libera, è scappata via come il vento sollevandosi sulle zampe.
Il bellissimo sauro
Il bellissimo sauro
Siamo giunti davanti a delle pareti rocciose, dove si adagiano distese di sabbia giallo oro, anche qui si ergono guglie granitiche. Un susseguirsi di incisioni e pitture rupestri ma queste non ci sembrano ben conservate, in compenso Ahmed ha trovato delle punte di freccia in selce e me ne fa dono.
Approfittiamo di questa sosta e di questo luogo per il campo di metà giornata. Con questo caldo una buona “salade tuareg” (un insieme di pomodori, verdure e cereali) è quello che ci vuole.
Nelle ore più calde per la siesta pomeridiana il “campo” dorme, ogni tanto qualche folata di vento ci scaglia addosso alcuni granelli di sabbia. “lo vuoi il deserto? Eccolo!”.
Il rumore di rami tagliati mi sveglia, Ahmed sta accendendo il fuoco per il tè. Sta cominciando la “cerimonia”; non credo di averlo detto, ma il tutto inizia da una cassettina di legno con le cerniere di ottone lucido, ben rifinita, Ahmed ne è geloso. Nel suo interno oltre al sacchetto del tè, c’è tutto l’occorrente per questa aromatica bevanda, altri sacchetti con lo zucchero e la camomilla oltre il bicchierino di vetro per dosare lo zucchero.
Bisogna attendere un po’ per la preparazione, ne approfitto per fotografarlo, fotografie che poi gli spedirò dall’Italia.
La nostra guida ci dice che il campo per la notte lo faremo ad Alidemma, c’è molto da camminare e bisogna arrivarci con la luce. Ci mettiamo in marcia, oltrepassiamo un ampio spazio delimitato da pietre, è un grande cimitero preistorico, una spianata di sabbia gialla da dove escono una moltitudine di steli nere di basalto.
Le tracce della nostra auto
La pista termina davanti grande duna, addossata ad altissime rocce che ne delimitano la larghezza. E' qui che passeremo la notte. Il paesaggio è misto tra sabbia e pareti granitiche che s'intrecciano tra loro per formare delle arcate.
La valle termina qui
Le tracce della nostra auto
La pista termina davanti grande duna, addossata ad altissime rocce che ne delimitano la larghezza. E' qui che passeremo la notte. Il paesaggio è misto tra sabbia e pareti granitiche che s'intrecciano tra loro per formare delle arcate.
La valle termina qui
Facciamo una passeggiata esplorativa, sulla duna più alta a giudicare dalle tracce, non più tardi di ieri qualcuno ci è salito. Fino ad oggi nei luoghi visitati, i primi a lasciare le proprie orme eravamo stati noi. È vero, i nostri passi rovinano la morbida giravolta dei dossi, ma basta un po’ di vento per rigenerare l’originaria sinuosità.
Da quassù si riesce a scorgere tutta la valle, riusciamo a fare delle splendide foto. Ai nostri piedi una sabbia chiarissima, in lontananza rocce levigate si alternano agli alberi di acacia, due giovani dromedari con il collo allungato verso l’alto, stanno mangiando i germogli più teneri. Proviamo a scendere sull’altro versante, aggireremo la collina per tornare al campo. Camminare è faticoso, i passi sono pesanti sulla sabbia morbida, affondiamo fino al ginocchio ma continuiamo a scendere.
Uno scenario fantastico
Uno scenario fantastico
Quando rientriamo al campo c’è ancora un po’ di chiarore, ne approfittiamo per montare la tenda. Alle diciannove l’orizzonte si tinge di rosso, tra dune e rocce, un tramonto incantevole illumina un cielo, alcune piccole strisce nuvolose che ne esaltano il contrasto. Con il passare del tempo, la nuvolosità aumenta, Ahmed sorridendo dice che domani pioverà. Non capisco se sta scherzando, d’altra parte è una persona allegra.
Dopo cena, Vittorio cerca sulla radio una stazione in lingua italiana per avere qualche notizia. Non troviamo la RAI , che anno dopo anno diminuisce le trasmissioni in OC. Riusciamo ad avere qualche news, grazie ad una stazione per l’italiani in Canada.
6° giorno di escursione (1° aprile)
Al mattino, Ahmed con aspetto serio ci comunica che un leone si aggirava sopra di noi, poi con un gran sorriso ci augura “ Buon primo aprile” non pensavo che anche qui si usa il “pesce”. È proprio un burlone.
La preparazione per la partenza ci trova tutti “sullo stanco”. Il deserto ti prende, ti conquista, ti affascina, ti sfinisce. Il deserto è bellissimo.
Lungo il percorso incontriamo sabbie multicolori e monoliti che nascono dal nulla, puntiamo verso un ampio arco di pietra. Ci fermiamo sotto l’arcata e facciamo una foto di gruppo, macchina compresa.
Foto di gruppo
Foto di gruppo
Recuperiamo la via, il panorama è piatto, leggere ondulazioni sabbiose dove la toyota corre velocissima facendoci sobbalzare sui sedili. Tutto intorno un colpo d'occhio poco interessante, ormai le grandi dune le abbiamo lasciate alle spalle, la parte più interessante l’abbiamo visitata. Credo che nei due giorni di tour che rimangono, ci sarà poco da vedere.
Ci riposiamo all’ombra di una grande acacia. Vittorio chiede quanti chilometri mancano per Djanet. La distanza non è molta, volendo, si può arrivare in città entro la giornata. Facciamo un breve riassunto del viaggio, quello che abbiamo visto in questi giorni ci ha appagato. Abbiamo ammirato una natura fantastica, molto lontana dal nostro patrimonio di conoscenze, a volte ci siamo commossi, appassionati ed emozionati.
Alla luce di tutto questo, decidiamo di interrompere oggi il nostro “giro turistico”. Siamo talmente felici di quanto visto, che preferiamo non proseguire oltre. La nostra guida ci guarda preoccupata per questa decisione, crede che non siamo contenti. Noi lo tranquillizziamo. Siamo veramente soddisfatti di quanto fatto fin qui, e che naturalmente avremmo versato il saldo per tutti i sette giorni.
Prima di risalire in auto, Ahmed riempie il serbatoio di carburante, vuotando le taniche di scorta. Poi via veloci sulla morbida sabbia. Ai lati della pista, probabilmente un’antica via di comunicazione carovaniera, piccole collinette sassose dai vivaci colori.
Incrociamo due gazzelle che corrono come il vento, poi una terza più vicina, il nostro autista riesce ad avvicinarla correndole affianco, la macchina sobbalza, fotografarla è un problema. Aziz dice che questo è il modo per catturare questi animali, gli si corre dietro finché il loro cuore cede, uccise dalla loro stessa corsa. Dietro nostra richiesta, torniamo sui nostri passi lasciando quei graziosi animali al loro destino.
Cerchiamo un posto all’ombra per la sosta, ci fermiamo vicino a grandi massi di granito grigio che formano una caverna. Non è molto grande ma ci stiamo tutti.
Mangiamo in fretta, dal momento che abbiamo deciso di rientrare, Ahmed ci vuol far vedere una incisione unica nel suo genere. Andiamo verso il deserto del Teneré, una distesa di sabbia piatta priva di ogni minuscola asperità che arriva fino in Niger. È allucinante, segni di pneumatici che vanno in mille direzioni, senza nessun punto di riferimento in nessun lato del confine fra cielo e terra.
Ahmed sa dove andare, punta verso il nulla. Dice che arriveremo a Terarat, è là che vedremo l’ultima incisione. Pian piano dall’orizzonte si evidenzia una formazione rocciosa, due guglie dritte come campanili nel mezzo al niente. In basso alla parete, la pregevole opera, ne avevo sentito parlare. Le vacche che piangono, un bassorilievo di pregevole fattura.
L'incisione è la dentro
Chissà mai perché gli avranno inciso le lacrime
L'incisione è la dentro
Chissà mai perché gli avranno inciso le lacrime
Oramai poca strada ci separa dal camping Zeriba, siamo a venti chilometri da Djanet e dal camper. Questa notte dormiremo nel nostro lettone. La città è alle porte, le nostre guide ci accompagnano, sono curiosi di vedere la nostra casa viaggiante. Sono meravigliati, camper che arrivano fin quaggiù sono rari.
Ci raggiunge anche Djaba, pure lui è sorpreso del fatto che abbiamo interrotto il tour un giorno prima, lo rassicuriamo, abbiamo trascorso una meravigliosa esperienza terminata nel momento giusto.
Facciamo un brindisi di saluto, in particolare salutiamo i ragazzi, non sappiamo se torneremo ancora. Con Djaba sarà differente, lui vive in Italia e senz’altro, ci rivedremo.
La nostra terza avventura sahariana finisce qui. Non so se quello che provo e che proviamo sia il “mal d’Africa”, ma certamente le sensazioni e le emozioni che riporteremo a casa, ci accompagneranno per diverso tempo.
Domani il viaggio continua verso il nord, prima di imbarcarci per l’Italia attraverseremo tutta l’Algeria e la Tunisia , ancora luoghi da visitare e cose belle da vedere, la settimana appena trascorsa però, è stata un viaggio nel viaggio.
Anna Maria Rosati
Un percorso incantato pieno di emozioni saluto web dinosauri di sasso Emilio
RispondiElimina