lunedì 17 luglio 2017

GIORDANIA 1993

                          PETRA, il regno dei Nabatei

 Itinerario per arrivare a Petra

Cercando di conservare vecchie foto e diapositive, le abbiamo digitalizzate con lo scanner e riversate in un hard disck. Un lavoro lento e laborioso che ci fa rivivere vecchie avventure del “tempo delle pellicole”.  

Un lungo viaggio in solitaria attraverso cinque nazioni. Qui ne narreremo soltanto una piccola parte, l’emozionante visita alla “Città Rosa”: PETRA

                                                La città rosa

Quando arriviamo a Wadi Musa, la città dove sorge il sito archeologico di Petra è quasi buio. E’ poco più di un villaggio, adagiato sopra una serie di piccole colline dove è impossibile trovare un parcheggio in piano per pernottare.
            Ci spostiamo fino davanti all’ingresso del sito, una piccola piazzetta dove è possibile passare la notte.
            Al mattino seguente la sveglia è quasi all’alba, siamo emozionati. Vogliamo essere i primi ad entrare in questa valle per non perdere neanche un minuto per ammirare le tante cose belle che ci attendono.


 Abbiamo pernottato davanti il sito archeologico

             Iniziamo la vestizione alla “indiana Jones”: cappelli; macchine fotografiche; bussola; mappa del luogo e borraccia. Ci attende una visita mozzafiato.
            Siamo soli davanti la biglietteria ancora chiusa, forse è ancora presto, poche le scritte e, solo in arabo.  Una volta entrati vediamo un’ampia valle al termine dalla quale si trova la tomba dell’obelisco, così chiamata per i quattro obelischi che sormontano la classica struttura a colonne e capitelli dorici.



La tomba dell’obelisco

Di fronte a questo monumento, cavalli legati attendono i turisti per portarli lungo il Siq, un percorso di mille e duecento metri, stretto e smussato dall'erosione dell'acqua tra pareti alte più di cento metri. Alla base vediamo le prime sculture in bassorilievo e molte piante attaccate alle pareti.
             Oltre a noi c’è una giovane coppia italiana in viaggio di nozze, anche loro viaggiatori solitari. Il percorso del Siq si snoda sinuosamente con coloratissime venature, camminiamo silenziosamente guardando l’arenaria che ci circonda; il silenzio è rotto ogni tanto dal “dromediere” che in sella al suo asinello con al seguito un dromedario ci invita a salire. Gentilmente rifiutiamo, dicendo che avremo preso il simpatico animale al ritorno.



 “Il dromediere” in cerca di clienti

            Lungo tutto il cammino tra altissime pareti, si notano lunghi canali scavati  dall’uomo con pendenza regolare che portava l’acqua piovana nelle cisterne . I Nabatei, antichi abitanti di Petra erano efficaci ingegneri idraulici.


 Il percorso del Siq

        La prima grande emozione arriva quando alla fine del canyon si è iniziato ad intravedere l’urna che sormonta il timpano del monumento più celebre di Petra, il palazzo del tesoro, conosciuto pure come  “ il palazzo del tesoro del faraone” (el Khasneh al Faroun). Una leggenda recita che all’interno dell’urna in cima al monumento ci sia nascosto un tesoro e nel corso degli anni questa sia stata presa inutilmente a fucilate.


 Il primo scorcio del Tesoro

           Siamo davanti a questo splendido monumento, è imponente con i suoi quaranta metri di altezza e ventotto di larghezza, intatto nel suo perfetto stato di conservazione. Nonostante siamo abituati a queste meraviglie del mondo antico siamo emozionati, non sappiamo dove guardare e cosa fotografare, cerchiamo di scrutare ogni minimo particolare. Colonne e capitelli ben conservati sono in piena luce, continuiamo a scattare foto e diapositive.


 Il Tesoro, "l’immagine di Petra"

          Siamo soli insieme ad un paio di bancarelle che vendono souvenir, stranamente oggi ci sono pochissimi turisti. Entriamo nel palazzo, un enorme unico locale scavato nella roccia perfettamente squadrato.


 Il venditore di souvenir

 Il Tesoro visto da dentro

        Facciamo qualche autoscatto e ci dirigiamo verso il teatro romano, anch’esso scavato nella roccia. Costruito dai Nabatei per circa tremila spettatori, fu ampliato dopo la conquista dei romani alla fine del I° secolo d.C. raddoppiandone la capienza. Lo troviamo sulla destra del nostro cammino, ci sorprende per la sua grandezza e dal colore rosso fuoco. L’arenaria in questo punto ne ha tutte le gradazioni.

 In direzione del teatro

 Il teatro romano

Ci sediamo un attimo per fare il punto della situazione, abbiamo accuratamente studiato questa visita per poter ammirare i monumenti con la migliore luce possibile. Poche centinaia di metri più avanti si trovano le tombe reali. Controllando la mappa con la bussola notiamo che per tutta la mattinata le tombe, avranno il sole alle spalle quindi “poco fotografabili”
La decisione è presa, faremo il percorso inverso da quello suggerito dalle guide. Torneremo alle tombe quando saranno in pieno sole. Prendiamo un ripido sentiero per salire in cima al monte dove si trova la zona sacrificale, è un percorso impegnativo ma una volta arrivati in cima siamo appagati da una vista magnifica su tutta la vallata.  Nelle vicinanze dell’altare del sacrificio, una pastorella ci guarda con curiosità seguendoci con discrezione mentre scattiamo qualche istantanea. 

 L’altare circolare sacrificale

 Si narra che in questo luogo Abramo portò suo figlio Isacco per il sacrificio. Sulla cresta del monte di fronte a noi si vede una costruzione bianca, è il mausoleo di Aronne, fratello di Mosè venerato anche dai musulmani.
Lasciamo il luogo del Sacrificio, aggiriamo il teatro e le tombe sottostanti che sono ancora in ombra. Un sentiero tortuoso scende in una valle più piccola costeggiata da tombe minori ma non meno importanti come la tomba del giardino, che si trova nel sentiero lungo il piccolo canyon. 

 La tomba del Giardino

       Poco distante la tomba del soldato romano, nelle nicchie sopra il grande ingresso ci sono dei bassorilievi che raffigurano un soldato con la corazza. 

 La tomba del soldato romano

 E’ molto caldo, il cammino anche se non molto faticoso, a tratti è molto polveroso, un fesh-fesh come borotalco. I sentieri s’incrociano l’un l’altro, poche le informazioni che indicano la direzione del “Monastero” una struttura che ricorda il “Tesoro” ma più grande.
Scendiamo nella vallata principale dove c’è il museo ed un piccolo ristorantino, facciamo una sosta per prendere un tè e mangiare un po’ di frutta. Abbiamo trovato un piccolo gruppo di italiani, anche loro si stanno rifocillando.
Riprendiamo a salire, davanti a noi una serie di gradini scavati nella pietra viva, il paesaggio è brullo di color ocra acceso, fanno da contrasto grandi piante di oleandri color rosa intenso. A volte i passaggi non sono semplici, bisogna fare attenzione
 Il passaggio è parzialmente ostruito

 Spesso rasenta il precipizio

      Per arrivare in vetta camminiamo per circa un’ora, il paesaggio cambia repentinamente con il cambio di prospettiva. Gli oleandri si susseguono, chissà dove prenderanno l’acqua per sopravvivere, intorno a noi soltanto rocce aride. Ma il panorama è affascinante, in lontananza si vedono le tombe reali.

 Gli oleandri, senza foglie … solo fiori

        Poco prima di valicare, spunta dal crinale il profilo inconfondibile del timpano del “Monastero”,  che come il “Tesoro” non è stato costruito ma, scavato completamente nella parete rocciosa. E’ stato chiamato “Monastero” perché al tempo dei Bizantini nel suo interno c’erano molte croci votive. Le sue dimensioni sono notevoli, cinquanta metri per quarantacinque di altezza. Il solo gradino per entrare nella sala sepolcrale è alto un metro e mezzo, e l’entrata una quindicina di metri

 Improvvisamente ... il Monastero

 L’imponente scultura

        Ci sediamo poco distanti per avere una visione ampia di tutto il complesso, ci rifocilliamo con un po’ di frutta, qualche crackers ed un po’ d’acqua dalla borraccia. Siamo soli e felici, arrivare fin quassù non è stato semplice, l’emozione è grande  e cercheremo di immortalarla con la nostra reflex ed il fido cavalletto.

 Con l’autoscatto

        E’ ora di tornare indietro cambiando percorso. Il colpo d'occhio è sempre magnifico, con il sole più tenue le rocce assumono una tonalità dal rosa al rosso a seconda delle venature delle pareti rocciose.

 Venature variopinte 
     
      Ormai siamo a fondo valle, una strada romana ci fa passare a fianco al tempio di Traiano, la differenza di stili è notevole come il contrasto dei colori. 

 La porta di Adriano

          Siamo diretti alle tombe imperiali ormai in pieno sole, sono una decina i grandi monumenti davanti a noi, sono stati realizzati su più livelli, opere imponenti anch’essi ricavati spianando e scavando dentro la montagna. Il sole le colora di un rosso intenso, il riflesso è abbagliante, iniziamo a salire per vedere da vicino i rilievi e le sculture che questo antico popolo ci ha lasciato.

 Le tombe reali in pieno sole

      Anche la natura ha modellato le pareti, l’erosione delle rarissime piogge hanno creato fiori fantasiosi, è lo spettacolo più bello di tutta la giornata.
 La tomba dell’urna ed una rosa disegnata dalla pioggia e dal vento

       Una lunga giornata è trascorsa tra bellezze naturali e quelle modellate dall’uomo. Ripide salite ed altrettante ripide discese attraverso assolati canyons, tra rocce aride e coloratissimi oleandri. Il sole sta scendendo lentamente, è ora di lasciare l’antica terra dei Nabatei. Ci incamminiamo verso il Siq lanciando un ultimo sguardo a quel capolavoro del “tesoro”. Il dromediere di questa mattina si avvicina, gli avevamo promesso che avremo usufruito del suo dromedario per tornare indietro

 Il ritorno sul dromedario

         Il lento incedere del “gobbuto” animale mi culla nell’attraversare lo stretto passaggio, ancora un paio di chilometri e saremo nella nostra casa viaggiante. Lo spettacolo è superbo, l’ora è splendida e c’è una luce bellissima.



Siamo arrivati

La visita ci ha riempito di emozioni, siamo stai fortunati ad averla effettuata “quasi” in solitaria, i turisti solo stati pochissimi. … Ciao Petra.

                            La riscoperta di petra
Petra dopo la sua decadenza anche per catastrofi naturali, era rimasta nascosta al mondo occidentale per molti secoli. Nel 1812 un viaggiatore svizzero che parlava arabo in transito per Damasco, aveva sentito parlare di una città antica, di bellezza straordinaria, rimasta segreta vicino la città di Wadi Musa in Giordania e vietata ai non musulmani.
 Il suo nome era Johann Ludwig Burckhardt. Volendo trovare questo antico sito, si convertì all’Islam e chiedeva alle guide del luogo di condurlo presso la tomba di Aronne per poter sacrificare un agnello in onore del profeta; si narrava infatti  che detto sepolcro era nelle vicinanze  della città perduta.
Per arrivare al mausoleo del fratello di Mosè, si doveva attraversare la valle di Petra,  Burckhardt non poté prendere appunti, non doveva far capire che era la “città rosa” che gli interessava. Senza prenderne nota fissò nella sua mente il tracciato per tornarci poi da solo e far conoscere al mondo questo capolavoro del mondo antico.
                                               Anna Maria Rosati