Questo articolo è stato pubblicato, sulla rivista mensile “PlenAir”
Settembre 1996
Libia, primavera 1995
L’ultimo dei “viaggi liberi”
Dopo il 1995, la Libia turistica non è stata più la stessa, infatti dopo quella data, i viaggiatori non hanno potuto più viaggiare in libertà nel paese, ma essere accompagnati da una guida locale. Dal nostro punto di vista il paese ha perso parte del suo fascino, e dell’avventura.
Quello che vogliamo raccontare è il diario di viaggio di un inizio di primavera del 1995, l’ultimo dei “viaggi liberi”
Da dodici anni con il nostro fido “Caimone” (un camper Mirage su Ford Transit) trascorriamo le vacanze nei Paesi nordafricani o mediorientali. L'estate del '95 ci ha visto raggiungere la Libia , e agli altri lettori desideriamo proporre i momenti salienti della nostra esperienza in questo interessantissimo Paese.
L'arabo? Non è un problema
Per nostra comodità ci imbarchiamo da Trapani per Tunisi, attraversando velocemente la Tuni sia per entrare in Libia alla frontiera di Ras Jadir (una scelta obbligata, dal momento che è l'unica aperta agli europei; Nalut è solo per i nordafricani, quella di Gadames era chiusa). Le formalità doganali sono abbastanza veloci per la concezione araba del tempo: ce la caviamo con un paio d'ore compresa la sostituzione della targa del camper, una procedura normale anche in altri paesi islamici poiché alcuni poliziotti non conoscono altra lingua se non appunto l'arabo. Nel fare il punto della situazione e nel programmare i giorni successivi, ci rendiamo però conto di avere il problema inverso: in arabo infatti sono scritti anche tutti i cartelli stradali. Ma risolveremo la questione il giorno successivo con un piccolo stratagemma che si rivelerà particolarmente utile nel corso del viaggio: su un foglio annotiamo, in ordine di percorrenza, i nomi di tutte le località che intendiamo toccare, e un funzionario del consolato italiano ce li trascriverà in lingua locale.
Cartelli stradali, rigorosamente in arabo
Cartelli stradali, rigorosamente in arabo
Senza difficoltà siamo intanto giunti a Tripoli, dove le vetture e i rarissimi camper vengono accolti in enormi parcheggi. In Libia infatti non esistono campeggi, e per pernottare in sicurezza basta chiedere alla polizia locale che indicherà il posto più adeguato. Presentarsi alle autorità, inoltre, è un gesto consigliato per la tranquillità di tutti, turisti e locali.
Benedetti nomadi
Tralasciamo di visitare la capitale, che vedremo al ritorno, e ci dirigiamo subito verso le città romane di Sabrata e Leptis Magna, a pochi chilometri da Tripoli: due siti che da soli varrebbero il viaggio. Sabrata, con il suo monumentale teatro (senz'altro tra i più belli al mondo) e le rovine che si stendono in riva al bellissimo mare per oltre un chilometro, offre al visitatore una miriade di ben conservati reperti. Il custode ci concede di pernottare all'interno del sito; unica formalità, il deposito dei passaporti.
Il teatro di Sabrata
Il teatro di Leptis Magna
Leptis Magna, la città di Settimio Severo e di Caracalla, emerge per la raffinatezza delle architetture, la cui bellezza fa quasi impallidire quella di Roma. Anche qui splendido il teatro, al quale si aggiungono il foro con annessa basilica e centinaia di capitelli marmorei raffiguranti volti femminili; per non dire dell'arco, ancora intatto, che celebra il trionfo di Settimio Severo. Il buono stato di conservazione, del resto, è caratteristica comune ai due siti grazie al clima secco, alla mancanza di smog e a un dettaglio storico che qui ci piace ricordare: il tradizionale nomadismo dei popoli di queste terre, che non suscitò il bisogno né il desiderio di smantellare colonne, templi e palazzi per reimpiegare i blocchi di marmo nella costruzione di altri edifici. Sulle colline della Cirenaica rigogliosa di verde, tra gli oleandri in fiore, ci attende un'altra tappa archeologica: Cirene, la città prima greca e poi romana, i cui resti si stendono su un'area che copre diversi chilometri quadrati. Riscendiamo poi verso la costa raggiungendo Tolemaide e Apollonia, dove alterniamo le visite alle acropoli con il relax marino in un'incantevole baia. Ad eccezione di alcune bambine in costume, le donne, le rare volte in cui fanno il bagno, sono vestite; e Anna Maria, adeguandosi all'uso locale, si immerge in maglietta e bermuda. Va poi ricordato che al di fuori degli stabilimenti per turisti il costume da bagno è sconsigliato.
Tralasciamo di visitare la capitale, che vedremo al ritorno, e ci dirigiamo subito verso le città romane di Sabrata e Leptis Magna, a pochi chilometri da Tripoli: due siti che da soli varrebbero il viaggio. Sabrata, con il suo monumentale teatro (senz'altro tra i più belli al mondo) e le rovine che si stendono in riva al bellissimo mare per oltre un chilometro, offre al visitatore una miriade di ben conservati reperti. Il custode ci concede di pernottare all'interno del sito; unica formalità, il deposito dei passaporti.
Il teatro di Leptis Magna
Leptis Magna, la città di Settimio Severo e di Caracalla, emerge per la raffinatezza delle architetture, la cui bellezza fa quasi impallidire quella di Roma. Anche qui splendido il teatro, al quale si aggiungono il foro con annessa basilica e centinaia di capitelli marmorei raffiguranti volti femminili; per non dire dell'arco, ancora intatto, che celebra il trionfo di Settimio Severo. Il buono stato di conservazione, del resto, è caratteristica comune ai due siti grazie al clima secco, alla mancanza di smog e a un dettaglio storico che qui ci piace ricordare: il tradizionale nomadismo dei popoli di queste terre, che non suscitò il bisogno né il desiderio di smantellare colonne, templi e palazzi per reimpiegare i blocchi di marmo nella costruzione di altri edifici. Sulle colline della Cirenaica rigogliosa di verde, tra gli oleandri in fiore, ci attende un'altra tappa archeologica: Cirene, la città prima greca e poi romana, i cui resti si stendono su un'area che copre diversi chilometri quadrati. Riscendiamo poi verso la costa raggiungendo Tolemaide e Apollonia, dove alterniamo le visite alle acropoli con il relax marino in un'incantevole baia. Ad eccezione di alcune bambine in costume, le donne, le rare volte in cui fanno il bagno, sono vestite; e Anna Maria, adeguandosi all'uso locale, si immerge in maglietta e bermuda. Va poi ricordato che al di fuori degli stabilimenti per turisti il costume da bagno è sconsigliato.
Ai Laghi Salati
Per affrontare il seguito del viaggio, che ci vedrà raggiungere il deserto, è d'obbligo far ritorno a Tripoli da cui poi si scende nel Fezzan. Strade interne ce ne sarebbero, ma sono sconsigliabili perché attraversano zone petrolifere prive di centri abitati, con lungi tratti di strada dove, paradossalmente, non esiste la possibilità di rifornirsi di carburante (è bene infatti provvedersi di almeno una tanica di scorta, e a richiesta i benzinai danno informazioni sui distributori successivi).
Per affrontare il seguito del viaggio, che ci vedrà raggiungere il deserto, è d'obbligo far ritorno a Tripoli da cui poi si scende nel Fezzan. Strade interne ce ne sarebbero, ma sono sconsigliabili perché attraversano zone petrolifere prive di centri abitati, con lungi tratti di strada dove, paradossalmente, non esiste la possibilità di rifornirsi di carburante (è bene infatti provvedersi di almeno una tanica di scorta, e a richiesta i benzinai danno informazioni sui distributori successivi).
Come all'andata ci fermiamo a dormire a Sirte, una moderna città dove il colonnello Gheddafi vorrebbe spostare la capitale. Raggiunta Tripoli ne approfittiamo per una visita al nuovissimo museo archeologico della cittadella; ne vale la pena, ma nel complesso diremmo che la città non richiede più di due o tre giorni di permanenza. Ed eccoci sulle strade che ci porteranno fino al deserto. Ore e chilometri scorrono via rapidamente e piacevolmente, anche grazie alle ottime condizioni dell'asfalto, e in serata arriviamo a Gariyat, un incrocio di strade statali, quattro case e un grande distributore. In una piazzola adiacente, tra auto e camionisti locali, pernottiamo anche noi.
Proseguiamo per la regione del Fezzan: centinaia di chilometri di aride pianure, strade pochissimo frequentate (in tutto il tragitto conteremo solo cinque auto), attraversiamo la città di Sabha e proseguiamo ancora per cento chilometri fino a New Gabron, un paesetto piccolo e moderno (non segnato sulla carta che abbiamo) dove ci attende il signor Reda della compagnia Fezzan Tour, che organizza escursioni in fuoristrada ai Laghi Salati di Mandara.
Le difficili piste per i laghi salati
Siamo quasi arrivati
Le difficili piste per i laghi salati
Siamo quasi arrivati
Dopo l'immancabile contrattazione, partiamo all'alba accompagnati dalla guida Amar a bordo di un Toyota, lasciando il camper nel giardino recintato di casa Reda (dove abbiamo anche pernottato). I Laghi Salati prendono nome dal più grande, il Mandara, che però troviamo asciutto (ci dicono che in dicembre l'acqua c'era). Viaggiamo tra dune multiformi per una quarantina di chilometri fino a quando, emozionati e increduli, ci appare il suggestivo lago di Gabron, uno specchio blu alle falde di una duna immensa, contornato da palme e lussureggianti canneti. Il caldo è notevole ma sopportabile, non essendoci umidità (consigliati i mesi da ottobre a maggio, caldi ma non proibitivi gli altri mesi, come abbiamo potuto verificare).
Il lago di Gabron
Il lago di Gabron
Ancora una tappa di quattrocento chilometri, con il paesaggio interrotto solo da qualche duna di sabbia color oro. Ma a cento chilometri da Ghat si leva una catena montuosa che si snoda come una moltitudine di onde gigantesche, tutte uguali: è il confine naturale dell'Akakus. Ghat, estrema città sud-occidentale della Libia, ci accoglie al tramonto. Notiamo subito la vecchia medina intonacata di fango color bronzo. Sulla strada principale troviamo più di un'agenzia specializzata per i tour nel deserto: ne visitiamo alcune e decidiamo per la “Emeran Tenery for Travel and Tourism” (che consigliamo caldamente). Ci accordiamo sul prezzo e decidiamo di partire il giorno seguente: il fuoristrada che ci accompagnerà nell'Akakus è un Toyota molto capiente e in ottimo stato. Nei quattro giorni in cui saremo nel deserto, lasceremo il camper custodito nel parcheggio a pagamento dell'unico albergo della città.
Un viaggio nel viaggio
I nostri tre accompagnatori tuareg, Isa l'autista, Mohammed il cuoco e Hamma Mohammed la guida (detto "Gran Babà") sono seduti sui sedili anteriori, noi, su quelli posteriori, tutto l'occorrente per i bivacchi è stipato nel capiente bagagliaio. Partiamo nel pomeriggio per evitare le ore più calde; ci lasciamo alle spalle i monti che cingono il deserto e risaliamo i canyon dove, due o tre milioni di anni fa, scorrevano fiumi impetuosi. La luce del sole calante crea effetti surreali: ci guardiamo continuamente intorno, quasi storditi dalla bellezza del paesaggio che muta con il passare dei chilometri.
I colori del Sahara
Siamo affascinati
Incredibili archi
I colori del Sahara
Siamo affascinati
Incredibili archi
Sotto una grande roccia a forma di cattedrale facciamo il primo campo; di fronte a noi una grande duna illuminata dal sole che sta tramontando. Mentre io preparo la tendina per la notte, Anna Maria chiede al cuoco di aiutarlo nel preparare la cena: abbiamo l'impressione che questo non sarà il viaggio di due turisti e di tre accompagnatori ma di cinque amici. Nei tre giorni seguenti nell'Akakus passiamo da una meraviglia all'altra: dalle ricche pitture rupestri alle dune multicolori, alle rocce che nascono dalla sabbia come giganteschi monoliti, modellati dal vento e dalle acque preistoriche. Altrettanto belle sono le notti: il cielo è bianco per quante stelle si vedono, e alcune cadono creando effetti pirotecnici.
Il primo campo
I caldi raggi del tramonto
Il primo campo
I caldi raggi del tramonto
Quattro giorni sono appena sufficienti per farsi un'idea di cosa è l'Akakus: forse il prossimo anno sceglieremo il tour di quindici giorni, e questo pensiero ci rende meno difficile riprendere la via del ritorno. Per novecento chilometri ricalchiamo la stessa strada dell'andata fino al bivio di Gariyat. Qui deviamo per visitare Gadames e Nalut, due caratteristiche città sahariane. La prima, immersa in una piccola oasi, è stata dichiarata patrimonio nazionale dall'Unesco; l'altra è invece in stato di abbandono, se si eccettua una piccola parte ancora visitabile. A Nalut cerchiamo di convincere l'ufficiale di frontiera a farci passare, ma riceviamo un cortese quanto fermo rifiuto. Così, dopo questi trentasette indimenticabili giorni, ci dirigiamo a Ras Jadir per attraversare la Tunisia dove ci aspetta il traghetto che, questa volta, ci sbarcherà a Napoli.
Anna Maria e Vittorio Fraleoni
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