Mauritania
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Le
oasi di Terjit e di Chinguetti
Questa mattina,
oltre alle nenie dei muezzin ed alcune auto che hanno lasciato il campeggio, la
sveglia ha suonato abbastanza presto. Il lungo trasferimento di oggi ci porterà
da Nouakchott ad Atar. Nei prossimi giorni visiteremo le oasi di Terjit
e di Chinguetti.
Seimila chilometri per arrivare all'oasi di Chinguetti
Per
uscire dalla città ci sono un poco di problemi, un traffico caotico ed
indisciplinato, grandi e vecchie mercedes si contendono la strada con
altrettanti vecchi carretti. Il tutto, lungo un ampio viale, dove un eterno
cantiere ci costringe a cambi di corsia, con delle gincane tra sabbia e sassi.
Finalmente
siamo fuori dal caos, una polverosa periferia sempre meno popolata, ha lasciato
il posto a piccole case quadrate, sono poco più che baracche abitate dai guardiani
di dromedari che gestiscono sparute mandrie di questi simpatici animali.
Dromedari mehari, dal classico colore bianco
A
pochi chilometri dalla città iniziano i primi checkpoint, i controlli dei
nostri passaporti ed i documenti del camper. Tra gendarmeria, dogana e polizia
anche oggi gli accertamenti non saranno pochi.
La
giornata si presenta grigia, tutto intorno il territorio è il tipico deserto
pre-sahariano, a volte piatto, altre volte con piccolissime dune ed alcuni
ciuffi d’erba che danno sostentamento a gruppi di dromedari sempre più
numerosi. Le tende dei nomadi ed
una famiglia in cammino, ci dicono che questa è terra di transumanza.
La famiglia in movimento
A volte, i lavori
stradali ci obbligano a lasciare la strada e transitare su piste polverose tra
alberi rinsecchiti ed animali bradi che ci guardano incuriositi.
Appena superata la
cittadina di Atar, ci fermiamo per il pranzo, abbiamo preferito superare il
centro abitato peraltro desolato, per avere un po’ di tranquillità.
Ripreso il cammino
e dopo diversi chilometri di desertica pianura, all’improvviso in lontananza
vediamo stagliarsi verso il cielo una irta collina di colore bruno. Poi un
susseguirsi di falesie, una serie di altopiani che rompono la monotonia del
paesaggio.
Inizia l'altopiano
In mezzo a quei
picchi rocciosi c’è l’oasi di Terjit, è li che siamo diretti. Per arrivarci non
esiste strada, soltanto una pista apparentemente compatta, ma solo
apparentemente, infatti affondiamo dentro un avvallamento di finissima sabbia.
La pista per arrivare all'oasi
Proviamo ad indietreggiare, senza nessun
risultato. Un viaggiatore con il suo fuoristrada ci viene in soccorso, gli
forniamo il cordino di acciaio; deve essere molto pratico perché con una
semplice manovra e senza strappi, ci tira fuori dall’impasse.
Qualche colpo di pala ed un piccolo "strappo"
La pista prosegue
per otto chilometri, un continuo sali scendi, siamo circondati dai plateau con
grandi dune che scendono dalle rocce. Un bellissimo paesaggio reso affascinante
dai caldi colori del tramonto.
E' quasi il tramonto
Arrivati alle porte
del villaggio di Terjit, ci dobbiamo fermare, non possiamo andare oltre. Da
questo punto la pista è troppo morbida, per un mezzo così pesante come il
nostro, non può proseguire. Siamo immediatamente circondati da diversi bambini,
ne continuano ad arrivare altri che ci corrono incontro scalzi, speriamo non
tirino sassi contro il camper.
L'arrivo dei bambini curiosi
Il lancio dei sassi
addosso ai camper da parte dei bambini, è una pratica discretamente presente in
quasi tutti i paesi africani, specialmente quelli più visitati dai turisti.
Il fenomeno è
sicuramente iniziato da quando alcuni pseudo viaggiatori, credendo di fare una
cosa giusta, hanno incominciato a distribuire caramelle e dolcetti vari; ma per
quante caramelle vuoi portare, i bimbi sono sempre di più, per cui alla fine
c’è la tristezza di chi ne rimane senza.
Il fatto si
ripresenta ad ogni ritorno dei turisti, può capitare che non si ha nulla da
regalare, questo a volte per le piccole menti, viene preso come “uno sgarbo” da
cui la reazione delle sassaiole.
Con questo non
vogliamo spaventare nessuno, soltanto avvertire
che son cose che potrebbero succedere. L’Africa è anche questa.
Il sole sta per
tramontare, c’è ancora chiarore, un uomo del posto ci fa parcheggiare dentro un
recinto privato dove i bambini non possono entrare. Rimangono fuori tutti in
fila a guardarci, siamo motivo di attrazione.
Il recinto per pernottare
Tutto
attorno a noi modeste case con i tetti di paglia, bassi muretti a secco segnano
il confine tra le semplici proprietà. In questo villaggio non esiste luce
elettrica e, il buio della sera ha richiamato tutti gli abitanti nelle proprie
dimore. Qui regna la quiete più assoluta,
il silenzio è rotto ogni tanto dal belare degli agnellini che reclamano
la loro razione di latte.
La "periferia" del villaggio
La "periferia" del villaggio
La
serata è fresca, ci rilassiamo dopo la moderata tensione odierna, generata per
la guida sulla pista. Questa sera una buona spaghettata, non ce la leverà
nessuno.
La
notte è trascorsa tranquillamente, in questo piccolo villaggio non c’è neanche
la moschea che in altri luoghi ci svegliano con i richiami alle preghiere. Il
paesaggio, nonostante sia lo stesso di ieri, cambia con la diversa prospettiva
del sole, ed il massiccio montuoso davanti a noi, ci mostra tutte le tonalità
dei rossi e dei neri.
Un tamerice piegato dal vento
Un tamerice piegato dal vento
Al
mattino, la vita nel villaggio inizia a vivacizzarsi, non vediamo i bambini più
grandi, forse loro sono già a scuola, mentre i più piccolini sono in giro con i
piedini nudi.
Classiche capanne del villaggio
Classiche capanne del villaggio
Dopo
colazione ci incamminiamo a piedi verso una fonte naturale all’interno di un
rigoglioso palmeto, stiamo entrando nell’oasi di Terjit, incastonata tra
falesie rocciose.
Grandi palme da dattero
Grandi palme da dattero
Il verde brillante delle palme contrasta con
il rosa delle dune che scendono dai plateau. Il sentiero si snoda in
salita tra bassi muretti e un limpido ruscello che di tanto in tanto crea dei
piccolissimi laghetti come le guelta algerine.
All'interno dell'oasi
All'interno dell'oasi
Come
il viottolo si allarga un poco, alcuni venditori di souvenirs offrono la loro
mercanzia; un artigianato semplice, per lo più statuette lignee o collanine
come oramai si vendono in tutti i mercatini occidentali.
Artigianato locale
Artigianato locale
Quando
arriviamo alla fonte c’è una sorpresa, dalla montagna sgorgano due sorgenti, una
di acqua fredda ed una di acqua tiepida che si uniscono dando vita al ruscello.
Una specie di grotta ricoperta di vegetazione genera un continuo stillicidio di
piccole gocce, evidentemente qui intorno ci sono più vene d’acqua.
La vegetazione è fittissima
La vegetazione è fittissima
Nello
spiazzo antistante alla sorgente, sono allestite un paio di tende, nel loro
interno ci si può ristorare con un buon tè e starsene sdraiati all’ombra. Ne
approfittiamo per distenderci sui materassini sorseggiando l’infuso.
Un po' di relax
Un po' di relax
Terjit è una classica oasi, una sorgente sgorga tra la
spaccatura rocciosa dei due altopiani, unica fonte di vita per un palmeto nato
in mezzo a centinaia di chilometri di aridità. Forse una delle poche cose
turistiche che la Mauritania può offrire.
Il piccolo accampamento
Una palma si è piegata su se stessa per poi rialzarsi verso la luce, cerchiamo di fotografare la zona da diverse angolazioni, il luogo è suggestivo sembra un set cinematografico, anche il terreno non ha un granello di sabbia fuori posto.
Dopo esserci ristorati
prendiamo la via del ritorno, ormai è tutto in discesa. Camminando, lo sguardo
va oltre i muretti, nei cortili le solite scene agresti che si ripetono in
tutto il mondo, senza distinzione per il colore della pelle; chi zappetta in
terra, chi semina e chi macina i cereali. Lavoro duro quello dei contadini.
Sabbie colorate
Sabbie colorate
Ritorniamo sul camper
per l’ora di pranzo, adesso l’aria si è riempita di sabbia in sospensione, meno
male che la maggior parte delle foto le abbiamo fatte ieri, da adesso in poi
sarebbero venute offuscate.
Dobbiamo rifare la
stessa pista per tornare ad Atar, questa sera dovremmo pernottare nel camping “Bab
Sahara”, coordinate GPS N 20° 31’ 12,5” W 13° 03’ 38,5”.
Il percorso a ritroso sembra meno duro, non abbiamo fretta, un po’ di
prudenza in più per le grandi buche da affrontare. Dopo qualche chilometro ci
ritroviamo nel punto dell’insabbiamento dell’andata, Vittorio ferma il camper e
va a testare la consistenza della sabbia con i piedi; intravedo da un suo gesto
di disappunto che non sarà facile andare oltre senza un aiuto.
Il controllo della tenuta della sabbia
Il controllo della tenuta della sabbia
Prende una buona
rincorsa, e mordendo la sabbia con ripetute sterzate e controsterzate, riesce
ad oltrepassare l’ostacolo, piantandosi ad un metro dalla pista più dura. Anche
qui, con l’aiuto di un fuori strada, ne usciamo fuori.
Arriviamo ad Atar nel
pomeriggio, ci sistemiamo nel campeggio, approfitto dell’abbondanza d’acqua per
fare un po’ di bucato, mentre Vittorio controlla e spedisce qualche E-mail.
Il camping “Bab Sahara”
Il camping “Bab Sahara”
In questa città faremo
base per l’escursione a Chinguetti, un’antica cittadina immersa nel
deserto protetta dall’UNESCO, che oltre ad avere una delle moschee più vecchie
di questa parte d’africa, è anche sede di una delle più antiche biblioteche con
preziosissimi manoscritti.
Dalle informazioni
ricevute, veniamo a sapere che gli oltre settanta chilometri di strada che ci dividono
da Chinguetti non sono asfaltati ad eccetto di un breve tratto. A questo punto
decidiamo di prendere un fuoristrada con autista e lasciare il camper nel
campeggio.
La mattina dopo di
buon’ora lasciamo Atar, questa sera non torneremo al campeggio. L’escursione è
stata programmata con un pernottamento in tenda berbera tra le dune; oltre la
cena sono previsti anche suoni, canti e balli locali. Il tutto molto
estemporaneo e poco turistico.
La pista è molto
larga, ma il fondo è un continuo “tôle ondulée” che crea numerosi salti alla macchina e,
soprattutto a noi. In lontananza tra il fesh fesh sollevato dal vento, si
intravedono dei picchi montuosi. La strada inizia a salire in ripide curve a
gomito, per fortuna è iniziato l’asfalto, un po’ di sollievo per la mia
schiena.
Il terribile "tôle ondulée”
Il terribile "tôle ondulée”
Saliamo fino al passo Nouatil
c.a. 700 mt s.l.m.. La strada, nonostante transiti a mezza costa, si affaccia
sopra un canyon molto profondo, sopra di noi una parete rocciosa si affaccia
pericolosamente sui tornanti. Il panorama è affascinante, un po’ meno lo sono
le raffiche di vento che portano folate di sabbia.
Ripidi tornanti
Ripidi tornanti
Tornati in pianura lo
scenario torna nuovamente piatto e brullo, rara la vegetazione, soltanto rari
alberi di acacia sparsi qua e la. Insieme al deserto è tornata la pista con i
suoi sobbalzi. Dopo un lungo rettilineo ci fermiamo davanti ad un blocco in
muratura per una foto, sopra vi è dipinta la scritta che siamo arrivati alla
città di Chinguetti, patrimonio dell’umanità.
Arrivati a Chinguetti
Arrivati a Chinguetti
Al suo ingresso, la
città si presenta in tutta la sua desolazione, la viabilità, le strade e i
vicoli sono parzialmente insabbiati, percorribili solo con i fuoristrada,
costruzioni basse mai ultimate, un eterno cantiere. Forse questa è soltanto la
periferia, vedremo domani.
Alle ore undici, ci
fermiamo in un piccolo hotel “La rose des sables”, semplice ma ben
tenuto. Il proprietario ci da il benvenuto offrendoci del tè. Poco dopo arriva
un signore anziano, vestito da arabo con tanto di shesh sulla testa, si
chiama Jan; è francese, si è trasferito qui da dodici anni. Ci dice che quando era in Francia era pieno di
“acciacchi” e imbottito di medicine, da quando vive a Chinguetti ha buttato via
i farmaci e di vivere felice con i suoi dromedari. Ci troviamo un una sala, in
attesa dell’ora del pranzo, non ci sono mobili, soltanto dei materassini
adagiati in terra e grandi cuscini, ci si sdraiamo sopra per rilassarci.
In attesa del pranzo
In attesa del pranzo
Fuori tira un vento
freddo, anche qui arriva il grande freddo dal nord, d’altra parte in questi
giorni a Roma sta nevicando.
Verso le quattordici
ci portano il pranzo, riso con verdure e del pollo, tutto buono. Il relax
continua nell’attesa che il vento si calmi.
Riso, pollo e pomodori
Nel pomeriggio facciamo una passeggiata, tutte le case sono in pietra viva, spesso sembrano il residuo di un recente bombardamento, muretti di recinzione mezzi diroccati sormontati dalla sabbia. È il deserto che reclama il suo territorio. Per oggi abbiamo visto abbastanza, è meglio rientrare nel piccolo albergo.
Riso, pollo e pomodori
Nel pomeriggio facciamo una passeggiata, tutte le case sono in pietra viva, spesso sembrano il residuo di un recente bombardamento, muretti di recinzione mezzi diroccati sormontati dalla sabbia. È il deserto che reclama il suo territorio. Per oggi abbiamo visto abbastanza, è meglio rientrare nel piccolo albergo.
All’imbrunire sempre
con il fuoristrada ci accompagnano dove sono state allestite le tende per la
notte. Il luogo è oltre l’ouadi, un largo letto di un fiume in secca, che divide la città nuova (la
parte decisamente brutta), con il quartiere antico dove si trova la moschea e
la biblioteca. Sopra l’argine dell’alveo, alle falde di una grande duna, le due
tende bianche spiccano sul colore della sabbia, di fianco sotto un grande
albero di tamerice un uomo sta arrostendo un capretto per noi.
La grigliata
La grigliata
All’interno della
nostra tenda, comoda da starci in piedi, ha come soffitto un secondo telo, un patchwork
dai colori vivaci, ci sono già cuscini e coperte, però per sicurezza ne
chiediamo delle altre.
La cottura del capretto si prolunga anche per la
scarsità di brace e forse per i pezzi di carne troppo grandi, nel frattempo
arrivano delle signore che dopo aver adagiato delle stuoie su terreno hanno
“apparecchiato la tavola”, poi con semplici strumenti iniziano a suonare ed a
cantare. Sono vestite eleganti con i loro abiti più belli di stoffa leggera,
una giovane donna ha portato con se anche un bambino, poco più che un neonato.
Tamburi e stoviglie
Tamburi e stoviglie
Noi siamo vestiti pesanti, ci chiediamo come loro
non sentano il freddo pungente. L’arrosto è pronto e ci viene servito con
porzioni enormi. Il sapore è buono ma la carne è dura, non ha avuto il tempo di
“frollare” essendo stata macellata da poche ore.
I canti continuano con una nenia modulata, vengono
ripetute sempre le stesse quattro parole ma in modo piacevole ed armonioso. Gli
strumenti sono un tamburo ed una bacinella di metallo sapientemente percossi.
Terminata la cena e tolta la tovaglia, la grande
stuoia funge da base per i balli improvvisati. Hadrami la nostra guida, inizia
a danzare seguito dal cuoco e da alcune signore. Balli e canti continuano, se
non fosse per il freddo sarebbe piacevole partecipare. Con molto dispiacere mi
ritiro sotto la tenda e mi metto tra coperte e pagliericcio, il freddo mi
attanaglia.
Sono iniziati i balli
Sono iniziati i balli
Sento ancora la musica per diverso tempo, ma almeno
sono al caldo, però non ho sentito Vittorio quando si è coricato.
L'interno della tenda
L'interno della tenda
La nuova giornata si presenta chiara e senza
nuvole, prima di lasciare il campo facciamo qualche foto alle dune leggermente
rosate da un sole ancora basso. Poi, sempre con il fuoristrada torniamo al
piccolo hotel per la colazione. Nella saletta di ieri, sopra un tavolinetto
basso c’è di tutto; dal pane, alle marmellate; dal burro, al tè e, per chi
vuole, anche del nescafé; tutto molto buono.
L'interno del piccolo hotel sahariano
L'interno del piccolo hotel sahariano
Questa mattina è prevista la visita della parte
vecchia della città, finalmente avremo la possibilità di vedere qualcosa di
bello, almeno lo spero. Attraversato a piedi l’ouadi,
a questo punto il sole si è alzato, come si è
alzato il vento che gonfia gli abiti ai viandanti.
Vento e sabbia in sospensione
Vento e sabbia in sospensione
Nel camminare lungo una strada contornata da basse
case multicolori, vengo avvicinata da un gruppetto di giovani ragazze che mi
vogliono vendere dei souvenirs. La contrattazione termina davanti al modesto
ingresso della biblioteca, con la promessa di rivederci all’uscita.
Le ragazze in attesa
Le ragazze in attesa
Un basso passaggio ci conduce in un cortile dove si
affaccia l’Habbott, l’antica collezione di libri. Ci accoglie Abdullah, un
signore con un bel vestito tradizionale che inizia a mostrarci gli antichi
testi scritti con caratteri minuscoli, li sfoglia con delicatezza indossando
sensibilissimi guanti bianchi. I libri spaziano tra le materie più varie,
trattano di matematica, astronomia, scienza ed altro. Si esprime in francese,
deve essere anche una persona di cultura per avergli affidato una collezione di
libri così delicata.
All’uscita, le giovani venditrici di cianfrusaglie mi circondano di nuovo, compro
un ricordino in cambio di alcune foto fatte insieme.
Nonostante il sole il freddo è pungente
Nonostante il sole il freddo è pungente
Il tour cittadino continua tra le strette viuzze,
case semplici con piccoli cortili. Dietro un edificio svetta un minareto
quadrato, la struttura più alta della città, alla base un ampio cortile con un
chiostro con tanti archi; è la moschea del XVI secolo, la possiamo vedere solo
da fuori, non è accessibile ai non musulmani.
L'antica Moschea
L'antica Moschea
Non trovando più niente di interessante torniamo in
albergo, è quasi ora di pranzo, puntuale arriva un buon cus cus integrale con
verdure e carne. Vittorio lo mangia … ma storce il naso.
Quando arriva la macchina che ci riporterà ad Atar
siamo già pronti. Il ritorno al campeggio Bab Sahara lo facciamo con
tutta calma per evitare i grossi scossoni al fuoristrada ed a noi.
Troviamo il camping pieno di macchine di
escursionisti, un equipaggio viene addirittura dall’Australia da dove partirono
cinque anni prima. Gli do’ una rapida occhiata, poi la stanchezza prende il
sopravvento, anche oggi abbiamo camminato molto, mi ritiro nel camper a
riposare.
Considerazione
personale sulla città di Chinguetti
Una località dimenticata dagli uomini, un luogo isolato
ai margini del grande deserto di Adrar.
La popolazione sembra serena, ma per noi che veniamo da
un mondo dove c’è tutto ed anche il superfluo, ci sembra impossibile vivere tra
sabbia e rifiuti che soffocano le strade, perché qui, nessuno li rimuove.
La città è stata definita “la settima città santa”
anche se non ne abbiamo capito il motivo, forse per un remotissimo e grande passato
di centro carovaniero, ma con l'avanzata della desertificazione ha perso ogni importanza. Le uniche due cose che meritano una visita sono le
biblioteche e la moschea.
Insomma, una realtà che mi ha molto intristito, una
stretta al cuore pensando alle persone che ci abitano; ai bambini, quali
prospettive li attendono? Qui c’è solo sabbia, vento, freddo e forse povertà.
Pensavo di aver conosciuto la desolazione dopo aver visitato Ksar Ghilane in
Tunisia, ma alla luce dei fatti il peggio non finisce mai.
Anna Maria Rosati
Finalmente un nuovo post! Bello il racconto ricco di emozioni, certo é stata un vera avventura!
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