domenica 2 dicembre 2012


                     TURCHIA, una visita nella terra degli Ittiti

            Questo anno non andremo direttamente in Iran. Prima, faremo una deviazione ad est di Ankara per  tornare a visitare l’antica terra degli Ittiti, il triangolo d’oro di Bogazkale-Hattuşa, Alakahöyük e Yazilikaya. 


            Abbiamo pernottato in un’area di servizio sull’autostrada Istanbul – Ankara.
 Raccontiamo sempre che la Turchia è “la patria dei camperisti”, infatti qui i normali distributori sono dotati di ampi parcheggi, grandi come quelli delle nostre autostrade; e quelli sulle grandi arterie stradali sono enormi, con annessi ristoranti, centri commerciali, stazioni di posta ed a volte anche la moschea. In Turchia il trasporto ferroviario è poco sviluppato, mentre lo spostamento con i pullman è di prima eccellenza, con gli automezzi Mercedes di ultima generazione.
             In tarda mattinata, dopo aver fatto rifornimento di acqua e carburante, riprendiamo l’autostrada in direzione della capitale. L’arteria a tre corsie e scorre veloce, il traffico è scarso; i camionisti preferiscono transitare sulla statale che corre vicino, dove è facile trovare piccole trattorie, al contrario dei presuntuosi ristoranti autostradali. 
              Percorriamo un’ampia vallata tra verdi montagne e piccoli villaggi incastonati a mezza costa. Ogni paese, tra il rosso dei tetti e i minareti delle moschee, svettano i nidi di cicogna.

Il nido è insufficiente, ormai i "piccoli" sono come i genitori

            La cosa che ci stupisce è la vastità di questo territorio, ampie vallate e spesso a perdita d’occhio senza una casa.
            Nei pressi di Ankara, prendiamo la ring way per aggirare il traffico caotico della città, notiamo nuovi grandi insediamenti industriali e numerosi grattacieli. Per noi abituati al Grande Raccordo Anulare, ci sentiamo dei “provinciali”, questo collegamento è lungo centocinquanta chilometri, esattamente il doppio di quello di Roma.
            Il paesaggio è brullo, la terra rossa striata di bianco e di grigio si alterna a campi lavorati. È in pieno svolgimento la mietitura del fieno, che dopo la raccolta  riveste i terreni di un manto d’oro. La continuità del territorio viene spezzata dai filari di alberi frangivento. 

 Una tavolozza di colori

I covoni pronti per la raccolta

            Lasciamo l’autostrada a favore della statale, un cartello ci indica che siamo nella direzione di Alakahöyük, il nostro primo sito da visitare. Forse il più antico insediamento della zona, gli abitanti del luogo riferiscono che quest’area è stata ed è abitata ininterrottamente dall’età del bronzo fino ai giorni nostri. Il periodo più famoso però risale al periodo ittita intorno al XV secolo a.C.
            Il tour che stiamo facendo è un po’ la ripetizione di quel che facemmo circa venti anni fa. Il piccolo paese ci accoglie con la semplicità dei villaggi agricoli, nella strada un fattore con due manzette tornano verso la stalla. 

Si sono appena abbeverate

            In tutti questi anni non sembra essere cambiato, c’è sempre un  solo negozio di generi alimentari di fronte all’ingresso della zona archeologica, ma adesso ha in mostra molti souvenir. 

L'unico negozietto del villaggio

             Una parte dell’area deve essere stata scavata di recente, la ricordavo più piccola. L’entrata è delimitata dal portale delle sfingi, due blocchi scolpiti di granito chiaro che dividono una rampa in pietra bianca, in basso alcune incisioni che raffigurano dei marciatori. 

 L'ingresso del sito

 Una raffinata incisione

Particolare del portale

            Nell’interno si trovano gli spiccati degli antichi edifici, imponenti sono le soglie di basalto con i fori dei cardini a terra. Dalle testimonianze rimaste ci doveva essere più di un muro difensivo. Tutti i reperti preziosi, dai finissimi bronzi ai monili d’oro, sono stati portati al museo archeologico di Ankara. La luce del tramonto inizia ad allungare le ombre e il sito sta per chiudere. 

Un susseguirsi di portali interni

            Sarebbe bello dormire in questo villaggio, ma domani ci attendono due visite impegnative. Le antiche città di Hattuşa e Yazilikaya, in special modo la prima, con le bellissime porte e le lunghissime mura di cinta. Ci spostiamo per andare a pernottare nella vicina cittadina di Bogazkale. Una cittadina agricola con alcune strutture turistiche, ottima base di partenza per visitare le vestigia ittita.  Ci arriviamo verso le ore venti e troviamo una comoda sistemazione nel parcheggio di un hotel. Accendiamo il condizionatore per abbassare un po’ la temperatura all’interno del camper, oggi è stato caldissimo. Aggiorno il mio diario descrivendo la giornata odierna, non molto faticosa ma abbastanza impegnativa. Vittorio, elabora tra computer e GPS, l’itinerario di domani. Un’altra giornata è trascorsa, ma prima di riposare, consumiamo una buona cenetta. 

Il parcheggio dell'hotel
          
            A parte qualche cane che ha abbaiato, la notte e trascorsa tranquilla. Ci spostiamo direttamente con il camper, verso la città imperiale. Tutto il territorio archeologico è dislocato in una zona collinare, in una ampia fertilissima valle circondata da imponenti massicci montuosi.

Un plastico di Hattuşa

            Vicino la biglietteria è stato restaurato, o forse sarebbe meglio dire ricostruito, un tratto di muro completo di contrafforti, un modo per far comprendere la grandezza di un popolo di quaranta secoli fa. 

Le possenti mura di cinta

            L’escursione di Hattuşa per la grande vastità dell’area si effettua con gli automezzi propri; una comoda strada a senso unico di circa sei chilometri, transita lungo il perimetro delle mura.   

La strada perimetrale interna

            Entriamo nell’antica capitale del regno ittita, la pavimentazione stradale è stata rinnovata con mattonelle di cemento grigio ed inserti rossi, ampi parcheggi davanti ai luoghi di visita e cartelli indicatori multilingue, ma in italiano neanche a parlarne. A poco meno di ottocento  metri incontriamo l’Aslanli Kapi, la porta dei leoni; una delle sei porte trovate e riportate alla luce. 

La porta dei leoni

            C’è in atto un restauro, due giovani archeologi tedeschi stanno trattando la roccia scolpita con della resina. “le effigi leonine” sono libere da impalcature ci possiamo fare una foto. Da un guardiano compero due souvenir, due leoncini di pietra. 

Restauratori al lavoro

            Al parcheggio successivo, sotto l’unico albero della zona, dei gendarmi si godono l’ombra. In Turchia la polizia è spesso presente con discrezione nei luoghi pubblici. Siamo arrivati nella parte più alta del sito, uno sperone di roccia circoscritto da un bastione provvisto di difese. Per salirci sopra, attraversiamo un criptoportico (galleria) di una settantina di metri, quanto lo spessore del terrapieno fortificato. Questa galleria, un tempo passaggio segreto,  collega la parte interna con l’esterno, probabilmente era una antica via di fuga.

L'ingresso del criptoportico

            Proseguendo si giunge davanti a due scalinate monumentali in pietra viva, una salita ripida su alti gradini, ma una volta arrivati  in cima, si può godere il panorama dell’intera area e di tutta la vallata. 

 Una delle scalinate monumentali

Panorama

            Risaliamo sul camper, a parte i gendarmi e un paio di coppie di turisti, siamo gli unici viaggiatori all’interno della zona. Proseguiamo il circuito per visitare la Kral Kapi, la porta del re.  Il suo nome è dato dal rilievo marmoreo sulla colonna portante, questa però è una copia; l’ originale si trova al museo archeologico di Ankara che vedemmo qualche anno fa.

La Kral Kapi

            Originariamente il doppio portale doveva avere un grande arco a tutto sesto in marmo bianco, in netto contrasto con il cielo turchino di oggi.  Facciamo alcune fotografie aiutati dal nostro inseparabile cavalletto, ed alcune panoramiche; abbiamo fatto appena in tempo, sono arrivati due pulmini con una decina di turisti. 

I robusti pilastri

            Proseguiamo il tour, la strada si fa ripidissima, ci conduce in pianura dove ci sono i resti del palazzo imperiale. Oltrepassiamo tre ciclopici basamenti in marmo, erano le porte del triplice giro di mura fortificate per arrivare al grande tempio. 

I resti dell'ingresso del palazzo imperiale

            I reperti degli ittiti non hanno la monumentalità dei monumenti greco-romani a cui siamo abituati, ma non per questo meno interessanti; non possiamo fare neanche paragoni perché questa civiltà è antecedente di duemila anni.
                       Al centro di quest’area sacra si trova la grande pietra verde, un cubo liscio e consumato (probabilmente di pietra serpentina). Ci sono diverse versioni sull’arrivo di questa pietra, alcuni sostengono che dopo il trattato di pace a seguito della lunga guerra di  Qadesh  tra egiziani e ittiti, Ramsete II ne abbia fatto dono al re ittita Muwatalli.  altri sostengono invece sia stato un regalo di nozze dello stesso faraone.

La pietra verde
            Passiamo vicino una serie di grandi giare in terracotta semi interrate, sicuramente saranno stati i magazzini per le derrate. Poco più avanti gli spiccati di probabili abitazioni regali, stando dalla grandezza delle fondamenta. Anche quest’area ha reperti sparsi, un gruppo di archeologi sono al lavoro, c’è ancora molto da scavare.

Le giare interrate

            Torniamo al parcheggio, nel frattempo ci hanno raggiunto anche i pulmini degli altri visitatori a cui lasceremo il posto all’ombra. Hattuşa dal 1986 fa parte dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
            Siamo diretti all’ultimo sito del “triangolo”, forse il più piccolo per estensione ma il più importante per i bassorilievi e le sculture, Yazilikaya. Un centro religioso ittita dove molte pareti di granito sono state scolpite con raffinata precisione.

Il sito di Yazilikaya

            Non è cambiato molto dall’ultima visita, quello che si può notare è che i loro Beni Culturali, cercano di conservare al meglio gli antiche memorie. Anche qui insistono restauri su traballanti impalcature. 

Impalcature traballanti

            Le incisioni arrivano anche ad alcuni metri dal suolo, la maggior parte ritraggono le antiche divinità locali. In uno stretto passaggio tra due costoni rocciosi, è scolpita una processione di personaggi, un bassorilievo di circa tre metri ben levigato. 





I raffinati bassorilievi 

         Cerchiamo altri scavi, il nostro libro ci spiega che questa Acropoli comprendeva anche gli edifici del governo e del palazzo Imperiale, ma noi non ne abbiamo trovato traccia.

            La visita è terminata, è stata una giornata interessante, la stanchezza inizia a farsi sentire, abbiamo camminato molto lungo sotto il sole sopra i contrafforti; nonostante il caldo siamo soddisfatti, d’altra parte con un cielo così azzurro non potevamo aspettarci di più.

                                                                                                   Anna Maria Rosati

1 commento:

  1. Vale la pena di aspettare tra un post e l'altro per apprezzare ogni volta un luogo diverso e sconosciuto ai più, bellissima la pietra verde e tutto il resto. Dove porterete la nostra fantasia con il prossimo viaggio?

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