lunedì 23 settembre 2013

                                         Bandar Abbas e Minab, (IRAN)
                                                 “la curiosa usanza”     
      Questo racconto di viaggio, ci condurrà nel profondo sud iraniano. Vogliamo raccontare di donne che hanno il volto coperto da una maschera multicolore. Il fenomeno riguarda quasi tutte le abitanti del golfo, ma il suo epicentro è nella cittadina di Minab.  

      Un itinerario famigliare

            Questa sera faremo sosta nella città di Bandar Abbas, abbiamo bisogno di carburante ed alcune derrate alimentari. A trenta chilometri dalla città davanti ad un alto massiccio montuoso, il cartello “Persian Gulf Highway” ci da il benvenuto. 

      Siamo quasi arrivati
            Siamo leggermente preoccupati per la mancanza di carburante, da circa trecento chilometri abbiamo incontrato soltanto distributori sprovvisti di gasolio, è incredibile per un paese che “galleggia” sull’oro nero. Si è appena accesa la spia della riserva, quando in lontananza notiamo una pompa di benzina, dobbiamo transitare sopra una strada sterrata per arrivarci. Una lunga fila di autotreni ci precedono con i loro serbatoi da mille litri.  I camionisti con un cenno di saluto ci fanno passare avanti, noi avevamo già pensato di passarci la notte; il loro gesto conferma l’ospitalità del popolo iraniano.
            Entriamo in città verso le diciannove, un lungo viale alberato ci condurrà in pieno centro ma noi prendiamo una strada laterale verso il mare dove sicuramente l’aria sarà più ventilata. Un ampio parcheggio davanti ad una smisurata spiaggia, ci sembra ottimo per trascorrere la notte.
            Il mattino seguente veniamo svegliati dal vociferare gioioso di alcuni bambini che giocano vicino al camper; anche loro con le loro famiglie, hanno dormito nel parcheggio dentro semplici tende che in questo Paese stanno prendendo piede da qualche anno.
            Ieri sera non ci eravamo accorti di un grosso mercantile “spiaggiato” ben dritto sull’arenile, dai primi sguardi dovrebbe essere accaduto da poco, chissà quale tempesta o guasto meccanico l’ha portato fin qui.

      Il mercantile arenato

         Scattiamo qualche istantanea prima di avventurarci per le strette vie del bazar. Tra profumi di spezie, tabacco e di frutta, ci inoltriamo per cercare le “neqâb” le caratteristiche mascherine che molte donne del luogo usano per nascondere il volto.

     Sotto la mascherina, un passamontagna.
          
     Le Neqâb, mascherine multicolori

Nessuno sa esattamente l’uso ed il perché di queste mascherine. Alcuni dicono che soltanto le musulmane più ortodosse le indossano, ma l’unica cosa certa è che non si tratta di un fatto religioso. Da alcuni cenni storici sembra che questa usanza risalga dai primi anni del XVI° secolo, con l’arrivo dei primi portoghesi nello stretto di Hormuz.
Quindi, la conclusione più probabile è che da quel periodo (oltre un secolo di occupazione), le donne si siano coperte per non farsi vedere dagli invasori.

            Davanti a noi si apre una grande ed animosissima piazza, vivaci commercianti di pesce reclamizzano a voce alta la loro mercanzia, tra di loro moltissime donne dalle coloratissime vesti ed alcune con la caratteristica mascherina. Adagiati sui banchi o sopra dei cartoni appoggiati in terra, diversi tipo di pesce di grossa taglia, spicca soprattutto il tonno rosso, grosse trance in fila fanno bella mostra di se. Ne approfittiamo per acquistarne un poco, lo mangeremo per cena. 

    Il mercato del pesce
            Cerchiamo di scattare qualche foto, una signora inquadrata da Vittorio inveisce contro di lui, non vuole essere ripresa; non sapevamo che da queste parti le donne specialmente se “mascherate” non vogliono essere fotografate. Cambieremo tattica, teleobiettivi o camere nascoste, il risultato sarà quasi lo stesso. Proseguiamo la visita in “ordine sparso”, io mi intrattengo con alcune ragazze mentre Vittorio molto discretamente prosegue con i suoi scatti.

     La signora, si è un poco arrabbiata

Scambio di saluti

            Le strade adiacenti si aprono con altre mercanzie, stoffe variopinte mosse dal vento danno un tono folkloristico allo scenario. Molti i commercianti, moltissimi gli acquirenti, le contrattazioni sono animatissime ma tutte con il sorriso sulle labbra. Ogni strada o viuzza ha la propri articoli, una sistemazione settoriale che probabilmente aiuta chi vuol fare compere senza fare giri inutili. 

I mille colori del bazar

            Entriamo in una piazzetta, qui è concentrata la vendita di verdure ed ortaggi in gran quantità. Devo dire che tutta la merce ha un bellissimo aspetto, e la freschezza è evidente; ne approfittiamo per comperare un po’ di pomodori. 

La venditrice di pomodori

            Ogni tanto veniamo avvicinati da alcune signore che molto discretamente ci chiedono qualcosa, dal loro abbigliamento e dal colore della pelle, si nota che non sono iraniane, vestono con colori vivaci dalle rifiniture in oro; dovrebbero essere pakistane o afgane scappate dal loro paese dalla guerra o dal terrorismo. Anche gli iraniani hanno i loro extracomunitari. 

Un sorriso accattivante

            Anche oggi la giornata è abbastanza calda, quando ci ritiriamo nel camper notiamo che diverse persone per trovare refrigerio, riposano all’ombra della nostra “casetta” e di un pullman poco distante.
            Durante il pranzo, con la finestra della “dinette” di fronte al mare, come da un grande televisore, guardiamo scene che per noi occidentali sono alquanto insolite, ragazze che si bagnano nel mare azzurro completamente vestite, poco più in là uomini e ragazzi in costume, mentre una coppietta vestita passeggia nell’acqua fino ai polpacci. 


            In Iran, non è possibile per uomini e donne fare il bagno insieme in costume, neanche i padri con le proprie figlie se non in tenera età; esistono stabilimenti balneari esclusivamente femminili, celati dall’esterno e, limitati dentro il mare con palificazioni ed altissimi teli colorati. 

 Sbarramento visivo

            Vittorio, anche lui vuole immergere le caviglie nell’acqua salata, io non ne ho voglia. Con questo caldo non mi va di rimettermi il “mantò” ed il fazzoletto, mi limiterò con la telecamera a riprendere alcune scene dal camper. Intere famiglie passeggiano sul bagnasciuga, le donne con chador leggeri portano i figli piccoli a fare il bagno, bagnandosi anch’esse. 

Una famiglia al mare

Nel tardo pomeriggio torniamo tra le vie del mercato, adesso la temperatura è più mite e si passeggia bene tra i piccoli negozi, la gente è sempre cordialissima, spesso si fermano a parlare con noi. Qui i viaggiatori sono rari, e di turisti nemmeno a parlarne.
La giornata è terminata, domani ci trasferiremo a Minab per il “panjshanbé bazar” ovvero il mercato del giovedì. In questo mercato settimanale confluiscono moltissimi abitanti dei paesi e dei villaggi vicini, è rinomato per la sua diversità di oggetti in vendita, dalle verdure al pesce, dai fiori finti alle motociclette usate.
Anche questa notte e trascorsa tranquilla, non abbiamo neanche sentito il richiamo alla preghiera del muezzin delle cinque. Appena consumata la colazione, lasceremo la città.
            Sul lungo viale che si porterà sulla statale, notiamo una sfavillante moschea ricoperta di maioliche color turchese. Scendiamo dal camper per scattare qualche foto, stando bene attenti a non riprendere un orrendo cavalcavia pedonale in ferro dipinto di rosso vicinissimo alla moschea. 

Una delle moschee di Bandar Abbas

            Tra noi ed il grande portale si è interposto un uomo, che in modo serioso ci ha domandato:
« Dine shoma chi ast? Mosalman hastid ya kattolico? » (Lei di che religione è? Musulmano o cattolico?). E Vittorio con altrettanta decisione ha risposto con il suo discreto persiano:
 « Man kattolico hastam va shoma mosalman hastid, mohem nist, baraye inke khoda yeki ast! » (Io sono cattolico e lei è musulmano, questo non è importante, perché Dio è Uno!
A questo punto a quella persona dall’aspetto austero gli è spuntato un gran sorriso, e ci ha accompagnato fin dentro la moschea. Brava Shiva (la nostra insegnante di farsi), quattro mesi di corso sono stati spesi bene.
            L’interno del tempio è ricoperto di coloratissime maioliche come la sua cupola, un vero capolavoro. Sul pavimento bellissimi tappeti dai motivi floreali che invitano alla preghiera. 

La cupola della moschea

            Ci lasciamo alle spalle Bandar Abbas e ci inoltriamo verso l’interno. Siamo a circa cento chilometri dalla cittadina di Minab, domani visiteremo il caratteristico mercato.
            Il traffico è moderato, ed il fondo stradale è buono. Dopo qualche chilometro il nostro cammino viene rallentato da un incidente stradale; c’è una persona distesa in terra ed una vettura vicino con il vetro rotto. Da sempre abbiamo avuto l’impressione che in Iran guidano veramente male.
            Arriviamo a Minab verso le quindici, la temperatura è abbastanza elevata e ci dirigiamo subito al “Turist Inn” un piccolo albergo immerso in un parco comunale. Un giardino pieno di fiori ed un intenso profumo di zagare. Siamo fortunati, la piazzola dell’anno scorso è libera, si trova in mezzo a quattro alberi che con i lunghi rami terranno la “casetta in fresco” per quello che sarà possibile. Il direttore ci viene incontro, si ricorda di noi ci saluta calorosamente dicendo che ci aspetterà questa sera alle ventuno per la cena. 

Il parcheggio al Turist Inn

            Apriamo tutte le finestre per arieggiare il camper, d’altra parte durante il trasferimento abbiamo trovato vento di sabbia per cui siamo stati costretti a viaggiare con i finestrini chiusi. L’aria condizionata in cabina non riesce a rinfrescare la cellula ed in marcia non è possibile far funzionare il condizionatore.
            Non appena la sistemazione è fatta, iniziamo un piccolo giro per la città in attesa della cena. In una via laterale ci imbattiamo il un piccolo mercato, deve essere un anticipo di quello che sarà domani. Anche questi punti vendita all’aperto rassomigliano ai tanti mercati che ci sono a queste latitudini; ma questi bazar sono sempre piacevoli, autentici, non turistici. È quasi l’ora del tramonto, ma ancora c’è luce per riprendere alcune istantanee. Per non creare problemi, non porteremo le grandi fotocamere un po’ ingombranti e difficili da camuffare, useremo soltanto la piccola nikon con il telecomando.
            Il terreno è cosparso di ghiaietto, e sopra di esso grandi stuoie e stoffe per accogliere le varie mercanzie. Eccetto qualche eccezione, i commercianti sono donne, quasi tutte con il volto coperto dalla mascherina da dove spuntano grandi occhi neri e penetranti. Sotto la maschera parte del viso è coperto come da un passamontagna, mi sembra pesante, una signora mi permette di toccarla e ne ho la certezza.

Occhi penetranti

            Anche qui la merce è varia, per lo più stoffe e vestiti, ma anche i casalinghi ed infine tanta frutta e verdura. Una donna in attesa di clienti fuma tranquillamente il suo narghilè,

Una "fumatina" in attesa avventori

            Il sole è tramontato, è l’ora di rientrare. Il giardino, con la leggera umidità della sera ha accentuato i suoi profumi.

Il parcheggio di notte

            Il mattino seguente accompagnati da un taxi arriviamo “panjshanbé bazar”, un vastissimo terreno dove sotto ombrelloni o precarie baracche di canne, venditori di tutto i paesi limitrofi si riuniscono per vendere i propri prodotti; la giornata è assolata e limpida, anche se ogni tanto una folata di vento alza del gran polverone.
            Anche se abbastanza presto, c’è già una grande affluenza di gente che va e viene, i primi banchi che incontriamo vendono fiori finti, nelle case iraniane ne abbiamo visti molti, poi un alternanza continua tra le merci più svariate; una lunga fila di stoffe brillano con  i loro ricami dorati. 

Le preziose stoffe

         Le venditrici ci guardano con i loro occhi profondi, non sapremo mai se la loro curiosità è superiore alla nostra.

Differente modo per coprirsi il volto

            Poco più avanti, i banchi si infittiscono come pure la moltitudine di persone che camminano nel bazar; incontro delle bambine mi faccio una foto con loro, poi due di esse mi permettono di fotografarle.

Si mettono in posa per noi

            La passeggiata continua e la confusione è molta. Ogni tanto con Vittorio ci perdiamo di vista, ognuno di noi è alla ricerca delle proprie inquadrature; ci siamo detti che il punto di ritrovo era vicino al muretto d’ingresso. Mi sento un po’ frastornata, forse anche per il caldo e la sete. C’è qualche venditore di bibite, sono dolcissime, cerco dell’acqua ma non la vendono; poco distanti delle signore si stanno dissetando da una cannella che esce dal terreno, ne approfitto anch’io.

Il caldo si fa sentire

            La parte del mercato più interessante a mio avviso è l’ortofrutticolo, il più colorato ed il più animato. Le contrattazioni si confondono con i richiami per reclamizzare i freschi prodotti della terra; c’è un gran fermento, ottimo soggetto da fotografare. 

C'è un gran fermento

            Vittorio, prima di tornare verso l’uscita del mercato, fotografa una venditrice di patate, si rivelerà uno scatto fortunato, perché quella foto successivamente, sarà premiata dalla F.A.O. aprendo come numero uno, una mostra fotografica internazionale indetta da questa istituzione.

La venditrice di patate

            E’ quasi l’ora di pranzo quando ci allontaniamo dal mercato, a piedi arriviamo ad una piazza dove c’è un telefono pubblico, vogliamo avere notizie dall’Italia. Anche sotto agli ombrosi portici, le bancarelle si susseguono.
            Un nuovo taxi ci riporta al Turist Inn, nelle vicinanze del camper c’è un piccolo parco giochi comunale, alcune bambine appena uscite da scuola ne approfittano gioiose.

Giochi semplici
            La visita a Minab è terminata, domani lasceremo il golfo persico. Altri luoghi interessanti ci attendono. Abbiamo saputo di una nuova strada che taglia in due uno dei deserti iraniani, per arrivare quasi al confine dell’Afganistan, E’ li che siamo diretti.


                                                                                             Anna Maria Rosati

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