Itinerario per arrivare a Petra
Cercando di conservare vecchie foto e diapositive, le abbiamo digitalizzate con lo scanner e riversate in un hard disck. Un lavoro lento
e laborioso che ci fa rivivere vecchie avventure del “tempo delle pellicole”.
Un lungo viaggio in solitaria attraverso cinque
nazioni. Qui ne narreremo soltanto una piccola parte, l’emozionante visita alla
“Città Rosa”: PETRA
La città rosa
Quando arriviamo a Wadi Musa, la città dove sorge il
sito archeologico di Petra è quasi buio. E’ poco più di un villaggio, adagiato
sopra una serie di piccole colline dove è impossibile trovare un parcheggio in
piano per pernottare.
Ci spostiamo fino davanti
all’ingresso del sito, una piccola piazzetta dove è possibile passare la notte.
Al mattino seguente la sveglia è
quasi all’alba, siamo emozionati. Vogliamo essere i primi ad entrare in questa
valle per non perdere neanche un minuto per ammirare le tante cose belle che ci
attendono.
Iniziamo la vestizione alla “indiana Jones”: cappelli; macchine fotografiche; bussola; mappa del luogo e borraccia. Ci attende una visita mozzafiato.
Siamo soli davanti la biglietteria ancora chiusa, forse è ancora presto, poche le scritte e, solo in arabo. Una volta entrati vediamo un’ampia valle al termine dalla quale si trova la tomba dell’obelisco, così chiamata per i quattro obelischi che sormontano la classica struttura a colonne e capitelli dorici.
La
tomba dell’obelisco
Di fronte a questo monumento, cavalli legati
attendono i turisti per portarli lungo il Siq, un percorso di mille e duecento
metri, stretto e smussato
dall'erosione dell'acqua tra pareti alte più di cento metri. Alla base
vediamo le prime sculture in bassorilievo e molte piante attaccate alle pareti.
Oltre a noi c’è una giovane coppia italiana in
viaggio di nozze, anche loro viaggiatori solitari. Il percorso del Siq si snoda
sinuosamente con coloratissime venature, camminiamo silenziosamente guardando
l’arenaria che ci circonda; il silenzio è rotto ogni tanto dal “dromediere” che
in sella al suo asinello con al seguito un dromedario ci invita a salire.
Gentilmente rifiutiamo, dicendo che avremo preso il simpatico animale al
ritorno.
Lungo tutto il cammino tra altissime
pareti, si notano lunghi canali scavati
dall’uomo con pendenza regolare che portava l’acqua piovana nelle
cisterne . I Nabatei, antichi abitanti di Petra erano efficaci ingegneri
idraulici.
La prima
grande emozione arriva quando alla fine del canyon si è iniziato ad intravedere
l’urna che sormonta il timpano del monumento più celebre di Petra, il palazzo
del tesoro, conosciuto pure come “ il
palazzo del tesoro del faraone” (el Khasneh al Faroun).
Una leggenda recita che all’interno dell’urna in cima al monumento ci sia
nascosto un tesoro e nel corso degli anni questa sia stata presa inutilmente a
fucilate.
Il primo scorcio del Tesoro
Siamo davanti a questo splendido monumento, è imponente con i suoi
quaranta metri di altezza e ventotto di larghezza, intatto nel suo perfetto
stato di conservazione. Nonostante siamo abituati a queste meraviglie del mondo
antico siamo emozionati, non sappiamo dove guardare e cosa fotografare,
cerchiamo di scrutare ogni minimo particolare. Colonne e capitelli ben
conservati sono in piena luce, continuiamo a scattare foto e diapositive.
Il Tesoro, "l’immagine di Petra"
Siamo soli insieme ad un paio di bancarelle che vendono souvenir,
stranamente oggi ci sono pochissimi turisti. Entriamo nel palazzo, un enorme
unico locale scavato nella roccia perfettamente squadrato.
Il venditore di souvenir
Il Tesoro visto da dentro
Facciamo qualche autoscatto
e ci dirigiamo verso il teatro romano, anch’esso scavato nella roccia. Costruito
dai Nabatei per circa tremila spettatori, fu ampliato dopo la conquista dei
romani alla fine del I° secolo d.C. raddoppiandone la capienza. Lo troviamo sulla destra del nostro
cammino, ci sorprende per la sua grandezza e dal colore rosso fuoco. L’arenaria
in questo punto ne ha tutte le gradazioni.
In direzione del teatro
Il teatro romano
Ci sediamo un attimo per fare il
punto della situazione, abbiamo accuratamente studiato questa visita per poter
ammirare i monumenti con la migliore luce possibile. Poche centinaia di metri
più avanti si trovano le tombe reali. Controllando la mappa con la bussola
notiamo che per tutta la mattinata le tombe, avranno il sole alle spalle quindi
“poco fotografabili”
La decisione è presa, faremo il percorso inverso da quello suggerito
dalle guide. Torneremo alle tombe quando saranno in pieno sole. Prendiamo un
ripido sentiero per salire in cima al monte dove si trova la zona sacrificale,
è un percorso impegnativo ma una volta arrivati in cima siamo appagati da una
vista magnifica su tutta la vallata. Nelle vicinanze dell’altare del sacrificio,
una pastorella ci guarda con curiosità seguendoci con discrezione mentre
scattiamo qualche istantanea.
L’altare circolare sacrificale
Si narra che in questo luogo Abramo portò suo
figlio Isacco per il sacrificio. Sulla cresta del monte di fronte a noi si vede
una costruzione bianca, è il mausoleo di Aronne, fratello di Mosè venerato
anche dai musulmani.
Lasciamo il luogo del Sacrificio, aggiriamo
il teatro e le tombe sottostanti che sono ancora in ombra. Un sentiero tortuoso
scende in una valle più piccola costeggiata da tombe minori ma non meno
importanti come la tomba del giardino, che si trova nel
sentiero lungo il piccolo canyon.
La tomba del Giardino
Poco distante la tomba del soldato romano, nelle nicchie sopra il grande
ingresso ci sono dei bassorilievi che raffigurano un soldato con la corazza.
La tomba del soldato romano
E’ molto caldo, il cammino anche se non molto
faticoso, a tratti è molto polveroso, un fesh-fesh come borotalco. I sentieri
s’incrociano l’un l’altro, poche le informazioni che indicano la direzione del
“Monastero” una struttura che ricorda il “Tesoro” ma più grande.
Scendiamo nella vallata principale
dove c’è il museo ed un piccolo ristorantino, facciamo una sosta per prendere
un tè e mangiare un po’ di frutta. Abbiamo trovato un piccolo gruppo di
italiani, anche loro si stanno rifocillando.
Riprendiamo a salire, davanti a noi una serie di gradini scavati nella pietra
viva, il paesaggio è brullo di color ocra acceso, fanno da contrasto grandi
piante di oleandri color rosa intenso. A volte i passaggi non sono semplici,
bisogna fare attenzioneIl passaggio è parzialmente ostruito
Spesso rasenta il precipizio
Per arrivare in vetta camminiamo
per circa un’ora, il paesaggio cambia repentinamente con il cambio di
prospettiva. Gli oleandri si susseguono, chissà dove prenderanno l’acqua per
sopravvivere, intorno a noi soltanto rocce aride. Ma il panorama è affascinante,
in lontananza si vedono le tombe reali.
Gli oleandri, senza foglie … solo fiori
Poco prima di valicare, spunta dal crinale il profilo inconfondibile del
timpano del “Monastero”, che come il
“Tesoro” non è stato costruito ma, scavato completamente nella parete rocciosa.
E’ stato chiamato “Monastero” perché al tempo dei Bizantini nel suo interno
c’erano molte croci votive. Le sue dimensioni sono notevoli, cinquanta metri
per quarantacinque di altezza. Il solo gradino per entrare nella sala sepolcrale
è alto un metro e mezzo, e l’entrata una quindicina di metri
Improvvisamente ... il Monastero
L’imponente scultura
Ci sediamo poco distanti per avere una visione ampia di tutto il
complesso, ci rifocilliamo con un po’ di frutta, qualche crackers ed un po’
d’acqua dalla borraccia. Siamo soli e felici, arrivare fin quassù non è stato
semplice, l’emozione è grande e
cercheremo di immortalarla con la nostra reflex ed il fido cavalletto.
Con l’autoscatto
E’ ora di tornare indietro cambiando percorso. Il colpo d'occhio è
sempre magnifico, con il sole più tenue le rocce assumono una tonalità dal rosa
al rosso a seconda delle venature delle pareti rocciose.
Ormai siamo a fondo valle, una strada romana ci fa passare a fianco al
tempio di Traiano, la differenza di stili è notevole come il contrasto dei
colori.
La porta di Adriano
Siamo diretti alle tombe imperiali ormai in pieno sole, sono una decina i
grandi monumenti davanti a noi, sono stati realizzati su più livelli, opere
imponenti anch’essi ricavati spianando e scavando dentro la montagna. Il sole
le colora di un rosso intenso, il riflesso è abbagliante, iniziamo a salire per
vedere da vicino i rilievi e le sculture che questo antico popolo ci ha
lasciato.
Le tombe reali in pieno sole
La tomba dell’urna ed una rosa disegnata dalla pioggia e dal vento
Una lunga giornata è trascorsa tra bellezze naturali e quelle modellate
dall’uomo. Ripide salite ed altrettante ripide discese attraverso assolati
canyons, tra rocce aride e coloratissimi oleandri. Il sole sta scendendo
lentamente, è ora di lasciare l’antica terra dei Nabatei. Ci incamminiamo verso
il Siq lanciando un ultimo sguardo a quel capolavoro del “tesoro”. Il
dromediere di questa mattina si avvicina, gli avevamo promesso che avremo
usufruito del suo dromedario per tornare indietro
Il ritorno sul dromedario
Il lento incedere del “gobbuto” animale mi culla nell’attraversare lo
stretto passaggio, ancora un paio di chilometri e saremo nella nostra casa
viaggiante. Lo spettacolo è superbo, l’ora è splendida e c’è una luce
bellissima.
Siamo arrivati
La visita ci ha riempito di
emozioni, siamo stai fortunati ad averla effettuata “quasi” in solitaria, i
turisti solo stati pochissimi. … Ciao Petra.
La riscoperta di petra
Petra dopo la sua decadenza anche per catastrofi naturali, era
rimasta nascosta al mondo occidentale per molti secoli. Nel 1812 un viaggiatore
svizzero che parlava arabo in transito per
Damasco, aveva sentito parlare di una città antica, di bellezza straordinaria,
rimasta segreta vicino la città di Wadi Musa in Giordania e vietata ai non
musulmani.
Il suo nome era Johann Ludwig Burckhardt. Volendo trovare
questo antico sito, si convertì all’Islam e chiedeva alle guide del luogo di
condurlo presso la tomba di Aronne per poter sacrificare un agnello in onore
del profeta; si narrava infatti che
detto sepolcro era nelle vicinanze della
città perduta.
Per
arrivare al mausoleo del fratello di Mosè, si doveva attraversare la valle di
Petra, Burckhardt non poté prendere
appunti, non doveva far capire che era la “città rosa” che gli interessava.
Senza prenderne nota fissò nella sua mente il tracciato per tornarci poi da
solo e far conoscere al mondo questo capolavoro del mondo antico.
Anna
Maria Rosati